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Debito pubblico mondiale vale 4 volte il PIL globale: esploderà?

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: Nov 22, 2020, 09:36 UTC

Il Debito pubblico mondiale vale 4 volte il PIL globale, è questa la fotografia allarmante che incombe sulle economie nel post pandemia.

Debito pubblico mondiale

A gennaio del 2019 avevamo dedicato un apposito articolo al debito dei governi, il cui valore veniva stimato da Fitch nell’80% del PIL mondiale. Ad ottobre del 2020 la presidente del Fondo monetario internazionale (FMI), Kristalina Georgieva, metteva in guardia gli Stati ricordando loro che il debito pubblico mondiale avrebbe raggiunto il 100% del PIL mondiale entro la fine dell’anno.

Un record che già da solo basterebbe a far scattare il campanello d’allarme con tanto di messaggio che lampeggia in rosso: quello che produciamo in termini di ricchezza annuale, è ormai sufficiente solo a pagare i debiti che abbiamo contratto.

Un nuovo ricalcolo più recente del FMI, tuttavia, porterebbe il debito pubblico globale al 101,5%. Certamente un dato globale che richiede poi di essere approfondito in base alle aree geografiche e per singola nazione e anche in questo caso notiamo che la situazione è abbastanza seria.

Il debito pubblico mondiale degli Stati

Secondo i dati riportati da Il Sole 24 Ore oggi in edicola, sono saliti a 30 le nazioni con un debito pubblico molto elevato rispetto ai 19 Paesi che si segnalavano nel 2019.

Al primo posto troviamo l’irraggiungibile (si spera per le altre nazioni) Giappone, che ha un debito pubblico del 266% rispetto al PIL nazionale. Segue la Grecia con un PIL salito al 205% e l’Italia che a causa dei ripetuti scostamenti di bilancio chiesti al Parlamento (oltre 100 miliardi di euro), ha raggiunto un debito pubblico del 161%.

Dietro questo terzetto troviamo il Portogallo al 137% del debito pubblico rispetto al PIL prodotto annualmente e subito dietro troviamo gli Stati Uniti d’America al 131%. Da notare che gli USA nel 2019 avevano un debito del 108%, ma la pandemia lo ha fatto schizzare a livelli esorbitanti dopo l’approvazione dei piani di aiuto che hanno superato abbondantemente i due mila miliardi di dollari. E un secondo piano di aiuti dovrà essere approvato.

Dimenticavamo la Cina, ha un debito salito al 160%.

Il debito pubblico mondiale per aree geografiche

Dicevamo del debito pubblico mondiale per aree geografiche, ebbene se ci soffermiamo ai dati del G7 troveremo che le nazioni più industrializzate del mondo hanno un debito al 141%, contro il 118% precedente.

L’area dell’euro, i 19 Paesi che adottano la moneta unica, hanno un debito pari al 101% mentre la precedente rilevazione lo dava all’84% e, come fa notare Il Sole 24 Ore, non è ancora stato contabilizzato il piano Next Generation EU, meglio noto come Recovery Plan.

I migliori in classifica? I Paesi emergenti, il cui debito è al 64% rispetto alla precedente stima del 54%.

Il debito di imprese e famiglie

Il problema non è solo il debito pubblico mondiale, ma anche l’iperindebitamento di famiglie e imprese.

Quindi, considerando il debito aggregato – pubblico più privato – a livello globale si raggiunge una cifra spaventosa del 365% di debito rispetto al PIL prodotto. Siamo quasi quattro volte sopra le nostre capacità.

E ancora una volta va sottolineato che i Paesi più industrializzati sono quelli maggiormente indebitati: 432% del PIL, ovvero 50 punti percentuali in più rispetto al periodo precedente la pandemia, scrive ancora Il Sole 24 Ore.

Gli scenari futuri

Non vi è altra alternativa alla crescita. Gli Stati dovranno necessariamente mettere in campo strategie volte allo sviluppo. Tali strategie faranno aumentare ulteriormente il debito pubblico, tuttavia se punteranno alla crescita saranno capaci di recuperarlo nei prossimi anni e decenni.

L’alternativa? Che gli Stati oggi più industrializzati un giorno potrebbero fallire dando spazio ai Paesi emergenti oggi meno indebitati. Che mondo sarebbe? A flussi migratori invertiti.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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