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Cos’è il benchmark e perché si usa per valutare rischio del mercato

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Feb 15, 2022, 11:42 GMT+00:00

Cos’è il benchmark e perché si usa nel campo degli strumenti finanziari per valutare rischio del mercato? Scopriamolo insieme.

benchmark

Benchmark è una parola non usata solo in ambito finanziario, ma anche in altri settori come quello informatico ed è un concetto che richiama il compito di fare da standard di riferimento per la comparazione tra il rendimento di un portafoglio e l’andamento del mercato.

In ambito finanziario, il benchmark è particolarmente utile per comparare le prestazioni di un fondo comune di investimento o di un fondo passivo.

L’uso del benchmark è diventato un vero e proprio requisito normativo, tanto che le società emittenti e gestori di fondi non ne possono fare a meno nella promozione dei loro veicoli di investimento agli investitori finali.

Procediamo con ordine e dopo avere appreso cos’è il benchmark, approfondiamo le sue caratteristiche principali, gli ambiti applicativi e normativi in Italia e come un investitore ne può fare uso in autonomia per costruirsi un suo personale portafoglio finanziario che abbia come riferimento un benchmark finanziario.

Cos’è il benchmark nei mercati finanziari

Tipicamente un benchmark finanziario coincide con un indice di titoli quotati in Borsa (obbligazionario, azionario, materie prime), ed ha come scopo sintetizzare “l’andamento in un certo periodo di tempo dei rendimenti o delle quotazioni di un paniere di titoli negoziati in un certo mercato, utile per misurare la performance di attività finanziarie”, come i fondi comuni, le azioni, gli ETF, spiega Bankpedia.

Il Regolamento della Consob traduce in italiano benchmark come parametro oggettivo di riferimento, tuttavia il termine inglese è quello preferito anche nelle comunicazioni ufficiali.

La richiesta normativa del benchmark

Proprio il richiamato Regolamento Consob che attua il TUF, richiede alle società emittenti strumenti di investimento di inserire obbligatoriamente il benchmark di riferimento nel prospetto informativo rilasciato al cliente.

Sono obbligati:

  • i gestori patrimoniali;
  • SGR;
  • SICAV.

Il benchmark svolge in questo caso il ruolo di commisurazione dei risultati della gestione del fondo in cui si è investito il proprio capitale.

Le caratteristiche di base di un benchmark finanziario

Ecco in sintesi le caratteristiche di base di un benchmark finanziario che non possono mancare per garantirne l’affidabilità, come riportate da Borsa Italiana.

  • Trasparenza: l’indice di riferimento deve essere sviluppato seguendo regole standard che permettono al singolo investitore di replicarlo in autonomia. Il metodo serve ad anticipare i periodici cambiamenti della composizione dell’indice a cui quest’ultimo è soggetto.
  • Rappresentatività: il benchmark/indice deve essere rappresentativo delle politiche di gestione del portafoglio.
  • Replicabilità: l’indice di Borsa dovrebbe essere completamente replicabile con attività finanziarie acquistabili direttamente sul mercato.
  • Hedgeability: è preferibile che l’indice sia anche sottostante di contratti derivati, così da permettere una copertura tempestiva dei portafogli finanziari e favorire l’abbassamento dei costi di transazione.

Come si usa un benchmark con i fondi

L’uso classico di un benchmark è in relazione alla comprensione delle prestazioni di un fondo di investimento.

Anche il Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, come già sottolineato, prevede l’uso del benchmark per valutare la gestione di un fondo.

I gestori, hanno l’obbligo di:

  • indicare un parametro oggettivo di riferimento per ogni fondo;
  • fornire la rendicontazione con l’andamento del fondo rispetto al benchmark;
  • pubblicazione periodica della rendicontazione.

In questo modo, il sottoscrittore del fondo ha sempre chiaro quale sia il rischio che sta correndo continuando a investire nello strumento specifico.

Esempio d’uso

Poniamo il caso in cui un investitore intende investire il proprio capitale in un fondo azionario italiano.

Per scegliere quello idoneo alle proprie caratteristiche ed aspettative, va messo a confronto l’andamento dell’indice di mercato di riferimento (benchmark) con l’andamento del fondo.

Grazie a questo confronto trasparente, l’investitore ha ben chiari alcuni aspetti fondamentali:

  • il rischio del fondo (scala da 1 a 7);
  • lo stile di gestione;
  • i risultati ottenuti dal fondo in un dato arco temporale.

Se investiamo in un fondo che replica l’andamento del Ftse Mib, quindi, il nostro benchmark di riferimento sarà proprio l’indice principale della Borsa di Milano, messo a confronto con il rendimento del fondo.

Fondi comuni e benchmark portfolio

Entriamo un po’ più nello specifico trattando il benchmark in relazione ai fondi comuni d’investimento.

Quando intendiamo investire in questo particolare tipo di fondo, si parla più nello specifico di benchmark portfolio.

La differenza è sostanziale, perché in questo caso si adotta un parametro di riferimento degli investimenti che è proprio di quel fondo e non uno standard unico di mercato.

Infatti, un fondo comune può scegliere di includere nel suo benchmark un indice di mercato azionario e uno obbligazionario. Ha così creato un fondo bilanciato che comprende azioni e obbligazioni, e per questo motivo non può più fare riferimento a un solo indice di mercato, ma a due. Ecco che quindi si parla di benchmark di portfolio.

Confronto fondo e benchmark: caratteristiche da considerare

Ecco come leggere un prospetto informativo che confronta il fondo e il benchmark:

  • i fondi richiedono l’assunzione di un orizzonte temporale non inferiore al medio-lungo periodo, poiché è quasi impossibile confrontare fondo e benchmark per periodi inferiori all’anno;
  • il fondo comune è gestito quotidianamente da professionisti, mentre il benchmark non prevede la gestione, ma rivalutazioni periodiche. Si ha quindi una differenza nei costi di gestione del fondo che il benchmark non ha e che il gestore del fondo deve invece considerare nello strumento (commissioni di negoziazione);
  • i fondi non seguono “alla lettera” un benchmark, ma scelgono un proprio stile di gestione che può discostarsi da esso, ad esempio importando asset capaci di migliorare la performance rispetto all’indice (gestione attiva), oppure ne replicano fedelmente l’andamento (gestione passiva);
  • i fondi attivi riducono la rilevanza del benchmark di mercato, chiedendo all’investitore un surplus di competenze nella capacità di lettura delle differenze del profilo di rischio-rendimento tra benchmark e fondo.

Gli ETF e il benchmark di riferimento

Gli exchange traded fund (ETF) sono fondi negoziati in borsa con una replica passiva dell’indice di mercato di riferimento.

Dal momento che un ETF ha una gestione passiva, esso deve replicare il più fedelmente possibile l’indice benchmark a cui è correlato.

L’investitore, per intuire la credibilità dell’ETF dovrà leggere attentamente il prospetto informativo e la documentazione e confrontare la differenza tra l’andamento del benchmark e dell’ETF.

Tale differenza è nota anche come Tracking Error, ed è facilmente individuabile all’interno dei KID che sempre sono forniti dal proponente a corredo di un ETF.

Cos’è il benchmarking

Chiudiamo con una parentesi sull’attività di benchmarking, nata alla fine degli anni 1980 negli Stati Uniti come attività di confronto e misurazione dei processi di una azienda rispetto a quelli delle aziende leader, allo scopo di ottenere informazioni utili per migliorare la performance.

Esistono oggi vari tipi di benchmarking:

  • di prodotto;
  • competitivo;
  • di processo;
  • strategico.

In tutti i casi si parte dalla progettazione dello studio di benchmarking, che prevede tra le altre cose la scelta delle aziende da studiare. Quindi si prendono in esame le fonti di informazione su processo prescelto, e si analizzano tali informazioni per determinare le differenze di prestazioni tra le aziende prese in esame. Nell’ultima fase si adattano i processi interni per migliorare le performance rispetto a quelle delle aziende leader.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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