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Il Petro di Nicolas Maduro disponibile al pubblico venezuelano

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Jul 7, 2019, 07:49 UTC

Il Petro di Nicolas Maduro è disponibile al pubblico venezuelano, lo annuncia il ministero dell'Economia e della Finanza del paese latino americano.

Petro

Secondo un tweet del ministero dell’Economia e della Finanza del Venezuela, Nicolas Maduro avrebbe dato il mandato al ministro reggente del dicastero di distribuire la controversa criptovaluta Petro ai venezuelani attraverso la principale banca del paese.

Tutte le agenzie del Banco de Venezuela (BOV) sono ufficialmente autorizzate a distribuire Petro coin ai venezuelani.

Al momento non si conoscono i tempi e le modalità di distribuzione, ne tanto meno i criteri di distribuzione. Non è noto, infatti, se tutti i venezuelani potranno riceverli o se sarà loro richiesto di depositare fondi.

Ricordiamo che il bolivar venezuelano vale come la carta straccia a causa di una iperinflazione che ha messo in ginocchio un intero paese che, è importante sottolineare, è tra i membri fondatori dell’OPEC.

Il Petro è stato adottato da Nicolas Maduro per aggirare l’embargo sul petrolio imposto dagli Stati Uniti d’America, a causa della conversione dittatoriale dell’attuale regime al governo in Venezuela.

La moneta digitale (criptovaluta?) petro voluta dal presidente Maduro è legata al petrolio, che funziona da materia prima di garanzia per il valore del petro.

“Do l’ordine espresso di distribuire El Petro attraverso tutte le agenzie della Banca del Venezuela”, così recita il tweet del ministero dell’Economia venezuelano.

 

Le reazioni della rete al tweet

Non sono mancate le reazioni al tweet. Un commentatore scrive:

“Si certo, così non puoi mai riscattarlo (il petro). Come hanno fatto con i cosiddetti conti in valuta estera, che dopo aver ottenuto i fondi, nulla può essere fatto con loro.”

Ed un altro utente, ironico, aggiunge che il petro “sarà la prima criptomoneta con l’inflazione”.

Il petro per uscire dalla devastante crisi economica del Venezuela

In Venezuela manca tutto, anche le medicine per curarsi, gli ospedali non hanno il materiale sanitario sufficiente per occuparsi dei pazienti.

Il bolivar venezuelano non ha alcun valore economico, né all’interno del paese, né all’esterno di esso.

L’embargo costringe Maduro a non avere altre fonti di reddito per alimentare l’economia nazionale e pagare stipendi e servizi sanitari.

La distribuzione del Petro attraverso la principale banca del paese latino americano, appare come il tentativo di sostituire il bolivar venezuelano, ormai “bruciato”, con una nuova valuta.

Ma davvero potrà avere un valore economico una criptovaluta valida solo all’interno del Venezuela?

Mentre le altre criptovalute hanno un mercato di scambio internazionale operato attraverso le piattaforme online (crypto exchange), il petro è gestito dal governo venezuelano e l’unico scambio è operato dalle banche autorizzate.

Il Venezuela e le criptovalute

Le criptovalute da alcuni anni sono le monete del Venezuela, il bitcoin, il dash, litecoin, zcash e tante altre stanno supportando l’economia locale pompando ossigeno vitale.

Numerose e note le iniziative messe in campo dalle community di supporto delle varie criptovalute, tra cui quella che sostiene dash e zcash.

In particolare nella capitale Caracas è nato il Dash Mall, un centro commerciale dove le persone possono acquistare prodotti con la criptovaluta dash.

Il tentativo di fare cassa a danno dei venezuelani?

I venezuelani che volessero ottenere il petro possono comprarlo in cambio di altre criptovalute tra cui bitcoin, litecoin e dash (le più usate nel paese).

Una mossa intelligente, quella di chiedere alla gente di dare allo stato le criptovalute possedute, in cambio di una che vale zero: il petro.

Se così dovesse essere – per ora solo una ipotesi tra le tante – la distribuzione di petro tra le persone potrebbe essere ben interpretata come il disperato tentativo di Maduro di raccattare soldi (criptovalute), proprio tra i suoi connazionali ridotti allo stremo.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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