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La Volatilità del Mercato Secondario Italiano Torna a Spaventare: Occhi Puntati sul Meeting della BCE a Riga

Da:
Alberto Ferrante
Pubblicato: Jun 7, 2018, 13:21 UTC

Dopo il recente andamento dei Btp a 5, 10 e 30 anni, l’attenzione dei principali investitori internazionali è puntata sul meeting della BCE, in cui potrebbe venire annunciata la data di fine della politica monetaria basata sul QE. Le molteplici conseguenze potrebbero portare anche dei risvolti positivi per i titoli di debito italiani, che secondo il parere di alcuni economisti vanno ora confrontati con le controparti americane.

Presidente BCE Mario Draghi

Le ultime giornate hanno visto crollare il secondario dei Btp a 5, 10 e 30 anni, con uno spread che ha toccato i 250 punti, ovvero circa il doppio rispetto al mese scorso. Anche i derivati “credit default swap” hanno subito una brusca impennata fino a 233 punti base. La volatilità sembra caratterizzare ancora il mercato secondario italiano, sebbene nelle ultime ore si stia assistendo a un timido recupero generale, soprattutto per i titoli brevi.

Adesso, l’attenzione degli investitori si concentrerà particolarmente sul meeting della BCE a Riga, in data 14 Giugno, in cui si ritiene che potrebbe venire annunciato l’addio alla politica monetaria espansiva del QE, dopo le dichiarazioni giunte da parte di alcuni autorevoli esponenti negli ultimi giorni.

Questa prospettiva ha scatenato un nervosismo generale, che non ha risparmiato anche il resto d’Europa: molti risparmiatori si sono liberati anche dei Bund tedeschi e di altre obbligazioni europee e mondiali, compresi i Treasury americani.

In Italia, la situazione si complica con il nuovo governo, che ha già prospettato un programma di riforme di non facile attuazione, che sembra alimentare ulteriormente i timori degli investitori internazionali.

Non si smorza invece l’interesse degli speculatori, come si può comprendere analizzando  l’andamento delle richieste di prestiti sui titoli di Stato. Occorre premettere che se la domanda di prestiti cresce, ciò significa che il mercato attende un ribasso delle quotazioni dei Btp. La ragione, fa notare un interessante articolo de Il Sole 24 Ore, risiede nell’assunto secondo il quale i prestiti vengono richiesti da chi ha intenzione di vendere allo scoperto e di riacquistare in seguito il medesimo titolo a un prezzo inferiore, così da ottenere un margine derivante dalla differenza tra il prezzo di vendita e di riacquisto. A sfruttare questa manovra sono sempre più spesso, di recente, i fondi hedge, che hanno la possibilità di scommettere al ribasso.

Ihs Markit ha infatti diffuso delle statistiche secondo le quali la domanda di prestiti di titoli di Stato è cresciuta di circa 959 milioni di dollari, che si sommano ad un ancora più netto incremento avvenuto nei primi mesi dell’anno. In totale, la domanda complessiva sfiora i 30 miliardi di dollari.

Nonostante la crisi dei Btp, in molti ritengono che non vi siano al momento ragioni per dubitare dell’effettiva sostenibilità del debito pubblico italiano. Stando a un report di Unicredit, i Btp italiani sarebbero al sicuro ancora per anni, grazie a una fitta mole di titoli in scadenza.

Va poi considerato il rapporto tra i titoli italiani e quelli americani. Alcuni economisti sostengono infatti che il giusto metro di paragone non sia il Bund tedesco, ma i Treasuries statunitensi, che rendono il mercato americano il più liquido al mondo, con 15.500 miliardi di bond negoziabili, contro i 1.100 miliardi tedeschi.

I rendimenti tra i titoli italiani e quelli americani sono molto simili, quindi gli investitori internazonali potrebbero preferire l’acquisto di un Btp italiano, di rendimento simile a quello americano, ma basato su una valuta che non rischia il deprezzamento.


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Per definire con maggior chiarezza il futuro prossimo dei certificati di debito, restano da comprendere le conseguenze della stretta della BCE. Se è innegabile che ciò comporterebbe una minore liquidità nel mercato europeo, portando a un incremento dei rendimenti, è altrettanto vero che l’apprezzamento dell’euro potrebbe spingere ingenti capitali stranieri ad affluire in Europa e in Italia, provocando quindi in altri termini un effetto spiazzamento da parte degli investitori del resto del mondo, per i quali il nostro debito potrebbe continuare a rivelarsi attraente.

Sull'Autore

Dopo la laurea in Economia Aziendale a Catania inizia a scrivere per diverse testate, prevalentemente di cultura, tecnologia ed economia. Con stretto riferimento alla collaborazione con FX Empire, iniziata nell’Aprile del 2018, ha curato una rubrica su analisi di premarket in Europa, prima di concentrarsi su analisi tecnica di materie prime, cambi valutari e criptovalute.

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