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Blockchain e il potenziale nascosto su cui investire

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Apr 4, 2022, 13:21 UTC

Tecnologia blockchain e il potenziale nascosto su cui investire. Il trend è visto in crescita, ma a cosa devono stare attenti gli investitori?

blockchain

In questo articolo:

Si scrive molto di criptovalute, di crypto token, più di recente di token non fungibili e di altri modi di “fare soldi” con i crypto asset attraverso la finanza decentralizzata (DeFi).

Tanto di possibile, ma anche di rischioso. Tuttavia, sarebbe utile fare un po’ di luce anche sul sottofondo e cioè sulla blockchain, che già nel 2018 veniva considerato un affare da 14 miliardi di dollari.

Come scrive Invesco in un recente studio dedicato al suo fondo negoziato in borsa (ETF), il potenziale della tecnologia blockchain “è spesso nascosto e la maggior parte degli investitori potrebbe probabilmente ignorarlo”.

Sì, perché in Borsa non sono poi così poche le società quotate che appartengono a questo settore, eppure non sempre sono conosciute.

Oltre Coinbase (COIN), infatti, vi sono molte altre imprese che investono nel mining e nella tecnologia blockchain. Alcune società che in precedenza si occupavano di altro, stanno ampliando il core business per includere anche questa nicchia, che in futuro potrebbe essere ben più grande di una nicchia.

Individuare il trend: parallelo tra Internet e blockchain

Anche se un po’ improprio, il paragone tra Internet e la tecnologia blockchain può rendere l’idea di quanto profitto si potrebbe nascondere dietro a questo trend.

Come noto Internet nasce negli anni 1960 in ambiente universitario allo scopo di inviare messaggi tra accademici. Il primo utilizzo di Internet è l’e-mail, tutto il resto arriva molti decenni dopo.

Ecco. Usando l’esempio di cosa è stato Internet agli albori e di cosa poi è diventato in termini di valore economico generato a livello mondiale, si fa notare agli investitori che qualcosa di simile si potrebbe “nascondere” anche dietro le sperimentazioni in ambito di tecnologia blockchain.

Per restare con i piedi per terra è utile aggiungere, però, che la tecnologia blockchain va inserita in una visione più ampia che ha a che fare con la Quarta rivoluzione industriale. Va inquadrata dunque come una componente dell’Industria 4.0. La precisazione, per dire che la tecnologia blockchain è sì promettente in termini di ritorni economici, ma andiamoci cauti nelle sue reali possibilità perché non è da sola, ma fa parte di un insieme più vasto.

Dove può essere applicata la tecnologia blockchain

Qui per ragioni di spazio non stiamo entrando nel particolare di cos’è blockchain, non intendiamo toccare gli aspetti tecnici, però è chiaro che il principio di funzionamento (nato dalla mente di Satoshi Nakamoto) alla base dei sistemi decentralizzati, abbia permesso ad altri gruppi di ricerca di fare propria quella intuizione per estenderla ad altri campi di applicazione.

Dal bitcoin si è passati a piattaforme decentralizzate come Ethereum, capace di introdurre gli smart contract già sviluppati concettualmente a metà degli anni ‘90 dello scorso secolo.

Quindi siamo passati alle blockchain enterprise sviluppate dalla The Linux Foundation e da altre entità. Si pensi ancora ai servizi blockchain-as-a-service forniti da Microsoft (MSFT) attraverso la sua vasta piattaforma cloud Azure.

In quali campi si sperimenta oggi la tecnologia blockchain? In quelli che seguono:

  • banche;
  • asset management;
  • assicurazioni;
  • vendite immobiliari;
  • sanità;
  • sicurezza dell’identità;
  • trasporti;
  • pubblicità internet;
  • autonoleggio;
  • archiviazione cloud;
  • musica e intrattenimento;
  • video encoding, archiviazione e distribuzione.

E potremmo continuare per includere la vendita e la registrazione di auto, i contratti legali, la gestione della catena di fornitura, l’energia, gli enti di beneficenza, il governo e la politica.

Ma anche l’editoria e l’agricoltura sono campi dove si prova ad applicare la tecnologia blockchain. In Italia l’agenzia di stampa Ansa ci aveva provato, forse senza troppo successo, a “certificare” le sue notizie su di una piattaforma blockchain.

In campo agricolo, invece, ci ha provato Carrefour (CA) per garantire la catena di fornitura di alcuni dei suoi prodotti alimentari.

Dove funziona davvero la tecnologia blockchain?

Se questi sono i campi dove si tentano degli utilizzi delle varie soluzioni blockchain fino ad ora sperimentate, non è detto che in futuro tutti questi settori utilizzeranno la tecnologia blockchain nei rispettivi sistemi informatici.

Molto lavoro resta ancora da fare e molte criticità vanno superate.

Per fare un esempio concreto di criticità, ritorniamo per un instante alla sperimentazione di Carrefour sul garantire la filiera da cui provengono i suoi prodotti alimentari.

Il fatto che una piattaforma blockchain garantisca l’impossibilità di falsificare una informazione sulla provenienza del prodotto alimentare, in realtà nulla ci dice sulla reale provenienza del prodotto stesso.

Questo può apparire come un paradosso, ma prendiamo come esempio un pollo o un pesce. Posso assegnargli un codice a barre prima che esca dall’allevamento e registrarne la provenienza sulla piattaforma blockchain, tuttavia, prima che il pollo o il pesce arrivi nel supermercato, potrebbe essere sostituito da un altro con la stessa etichetta.

L’investitore interessato ad investire in tecnologia blockchain, questi limiti deve conoscerli prima di investire. Deve capire in quali settori è realistico, e davvero utile implementare la tecnologia blockchain e in quali può al massimo offrire maggiori garanzie ma non la certezza assoluta.

Oltre Carrefour, anche Walmart (WMT) sta implementando la gestione degli alimenti su blockchain grazie alla soluzione di IBM.

In linea di principio, tutto ciò che è fisico, quindi materiale, e si prova ad associarlo o a legarlo ad una “etichetta” registrata su una blockchain (pubblica o privata, o enterprise) può presentare delle criticità. Fermo restando, che la sua applicazione in questo campo può risolvere dei problemi.

I settori dove funziona meglio

Diverso il discorso per quei settori dove l’informazione è digitale e può essere essa stessa contenuta all’interno di un blocco di informazioni registrato nella piattaforma blockchain.

Il settore bancario e finanziario, oltre a quello assicurativo, sono stati tra i primi a sperimentare le possibilità, poiché questi settori operano già da decenni con l’ausilio dell’informatica. Le informazioni che gestiscono sono immateriali, digitali. Per tale motivo possono essere potenzialmente inglobate all’interno di una apposita piattaforma blockchain.

Un esempio concreto. Prendiamo la Borsa di Milano. Potremmo sviluppare una piattaforma blockchain con il registro pubblico e visibile a tutti, nella quale registrare tutte le transazioni di scambio dei titoli quotati a Piazza Affari.

Questa applicazione ha più senso perché posso inglobare la singola transazione legata allo scambio di un titolo (esempio: acquisto di 100 azioni Eurotech spa) all’interno di un blocco.

L’informazione resta per sempre “intrappolata” nel blocco, componendo una lunga catena di informazioni non modificabile che offre maggiore trasparenza agli investitori sull’attività di Borsa.

Altri campi dove le applicazioni della tecnologia blockchain potrebbero dare dei frutti interessanti nei prossimi anni, riguardano la musica e l’intrattenimento digitale, oltre all’editoria digitale. In particolare nel garantire la proprietà intellettuale delle opere.

Anche l’energia può essere un settore di applicazione interessante. Qui andrebbe seguita l’evoluzione delle smart grid e delle comunità energetiche che stanno sorgendo timidamente anche in Italia.

Le aziende in cui investire

Qui riportiamo una breve e non esaustiva lista di società quotate in Borsa su cui si può investire:

Per quanto riguarda gli ETF è disponibile l’Invesco Elwood Global Blockchain UCITS ETF Acc (BCHN) quotato a Milano, ora rinominato in Invesco CoinShares Global Blockchain UCITS ETF, con spese correnti dello 0,65% e profilo di rischio 6 su 7.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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