Pubblicita'
Pubblicita'

McKinsey, l’Europa deve tornare a lavorare in sicurezza

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Apr 12, 2020, 09:26 UTC

Studio McKinsey & Company, l’Europa deve tornare a lavorare in sicurezza, ma ha urgentemente bisogno di un piano e non può essere unico, ma regionale.

McKinsey

Tutti gli Stati europei hanno una war room dove si decide come chiudere e cosa, quali regole restrittive imporre per il lockdown, ma nessuno o pochi, hanno istituito un piano di uscita vero, con regole che indichino come ci si dovrà comportare sui luoghi di lavoro quando vi sarà la ripresa.

A Scriverlo in un report è McKinsey & Company, il quale sottolinea come sia urgente per gli Stati europei approntare un “dettagliato protocollo che consenta ai lavoratori di tornare al lavoro in sicurezza”.

Ma McKinsey consiglia una cosa molto semplice:

“Noi crediamo, – scrive McKinsey – che per proteggere vite e mezzi di sussistenza, il settore pubblico e privato dell’Europa debba accelerare sul piano di uscita così che siano pronti ad agire quando le restrizioni termineranno”.

Perché se è vero che attuare il lockdown è stato semplice, “chiudiamo tutto”, riaprire con il nuovo coronavirus ancora in circolazione è cosa ben più complessa. Ripartire è più complicato perché non abbiamo ancora un farmaco capace di contrastarlo, o meglio ancora siamo senza un vaccino.

Cosa suggerisce lo studio McKinsey?

Lo studio McKinsey suggerisce di guardare cosa stanno facendo i Paesi non europei nella fase di riapertura, perché “c’è molto da imparare”.

Viene espressamente presentato l’esempio della Cina e di come il Paese sta affrontando la riapertura. Dove, attraverso degli studi e degli esperimenti, le persone sono state riportate in strada e negli esercizi commerciali rispettando delle regole di distanza sociale precedentemente approntate.

Un approccio che ha chiarito le regole per tutti e che allo stesso tempo sta consentendo un graduale stimolo della domanda.

L’esempio dei ristoranti

Per quanto riguarda le attività commerciali lo studio riporta l’esempio dei ristoranti. Questi hanno sì riaperto, ma al 50% delle loro capacità.

Ciò significa che anche l’Italia, come il resto dell’Europa, dovrebbe adottare un sistema simile nella seconda fase. Quindi riaprire, ma a metà della capacità.

  • Se un ristorante ha 50 posti, ne metterà a disposizione 25 ma almeno riapre.
  • Se un cinema ha una sala con 250 posti, ne mette a disposizione 125 ma almeno riapre.

Il patentino dello stato di salute

Per quanto possa sembrare una violazione della privacy e delle libertà personali (e ovviamente in parte lo è), in Cina si va in giro con il patentino dello stato di salute. Una app digitale scaricata sullo smartphone del cittadino indica se la persona può circolare o meno.

Se si intende salire su un autobus cittadino, non basta mostrare il biglietto all’autista ma anche lo stato di salute indicato dalla app. Se è green si sale, se è red si dovrebbe essere a casa e non in quel posto.

McKinsey: l’Europa dovrebbe fare la stessa cosa

Lo studio McKinsey suggerisce all’Europa di fare la stessa cosa, cioè di ripartire con delle regole prestabilite di distanza sociale, magari tutti con le mascherine obbligatorie quando si è fuori casa (in qualsiasi luogo anche all’aperto), regole di distanza sociale alle fermate degli autobus e in altri luoghi solitamente affollati.

Treni, metropolitane, autobus, tutti dovrebbero viaggiare a metà della loro capacità. Perché anche con le mascherine, immaginare di prendere un autobus alle 7.00 mattino stracolmo come ogni mattina ci capitava prima di tutto questo, è oggettivamente impensabile. Dobbiamo esserne consapevoli.

Ed allora dovremmo fare come in Cina, un patentino digitale facendosi aiutare dalla tecnologia.

Servono meccanismi localizzati non unici validi per tutti

Secondo lo studio McKinsey, poi, non si potrà usare un meccanismo unico, sarà “imperativo per il settore pubblico” creare dei meccanismi di governo locale per adattarsi alle esigenze locali.

“Possibilmente, distretto per distretto”, scrive lo studio.

Immaginate l’impatto economico di tutti ciò, vero?

L’Italia lo potrà fare?

Potremo permetterci economicamente un modello del genere? In cui, cioè, gli autobus viaggiano semi vuoti alle 7.00 del mattino con milioni di persone che devono raggiungere il lavoro, la scuola, l’università…?

Diremmo che non ne abbiamo il tempo.

Ma in realtà non ne abbiamo i mezzi. Ci sono città come Roma dove gli autobus si incendiano spontaneamente perché mancano i soldi per la manutenzione. Figuriamoci mettere a disposizione il doppio dei mezzi di trasporto per garantire a tutti di raggiungere la destinazione rispettando le distanze sociali.

Di smart working ne sentiremo parlare fino al vaccino e l’Italia scoprirà un nuovo modo di lavorare.

Oppure…

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

Hai trovato utile questo articolo?

Pubblicita'