L’intesa prevede che l’Opec riduca la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno a partire da gennaio. I produttori che non sono parte del cartello dovrebbero acconsentire a un taglio della produzione di 600000 barili al giorno. Tale impegno dovrebbe essere formalmente sancito in un vertice convocato dall’Opec a Vienna per il 10 dicembre.
Nelle prime ore della sessione odierna, i mercati si sono mossi in ribasso, trascinati dai dubbi degli investitori circa la reale volontà dei membri dell’Opec di ridurre la produzione. Per esempio, la Russia si sta baloccando con l’idea di basare i propri tagli sui livelli di produzione di novembre, i più alti dell’anno. Qualora Mosca adottasse una simile posizione, la sua produzione scenderebbe soltanto al massimo raggiunto all’inizio dell’anno.
Inoltre, nella giornata di lunedì, Transneft, il monopolista degli oleodotti russi, ha suggerito che la riduzione della produzione potrebbe iniziare a marzo.
L’oro
Durante la sessione di lunedì, i contratti future sull’oro con scadenza a febbraio negoziati sul Comex sono stati caratterizzati da volatilità. Gli investitori tentavano, infatti, di capire come la vittoria del No al referendum costituzionale in Italia e le successive dimissioni del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, avrebbero influito sull’andamento dei prezzi.
Inizialmente, l’incertezza politica ha spinto l’oro in rialzo, ma il mercato ha poi perso più dell’1% a seguito della stabilizzazione dell’oro e dell’andamento positivo delle borse statunitensi. L’oro si è mosso in ribasso, nonostante il declino dell’indice del dollaro, che ha toccato un minimo non registrato dal 17 novembre.
Le valute
Nella giornata di lunedì, la coppia EUR/USD si è mossa in rialzo dopo un iniziale deprezzamento, seguito alla sconfitta del presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, al referendum sulla riforma costituzionale. Tuttavia, tale esito era da tempo atteso dagli investitori. All’inizio, l’euro è sceso ai minimi degli ultimi venti mesi, ma ha poi rimbalzato grazie e condizioni tecniche di ipervendita e in risposta all’esito del referendum, che ha visto il No vincere con il 59,1% dei voti.