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Cosa sono Liability Driven Investment (LDI): fondi pensione in pericolo?

Da:
Fabio Carbone
Aggiornato: Oct 11, 2022, 14:27 UTC

Sai cosa sono Liability Driven Investment (LDI)? Ecco perché potrebbe interessarti davvero tanto se hai investito in un fondo pensione.

Cosa sono Liability Driven Investment (LDI)

La crisi finanziaria del 2008 partiva da lontano, da molto lontano e si basava su di un sistema messo in campo decenni prima noto come subprime. I subprime avvelenarono l’economia globale e sappiamo com’è andata a finire.

La crisi della sterlina andata in scena tra il 26 e il 30 settembre ha messo a nudo un altro potenziale rischio sistemico che prende il nome di Liability-Driven Investment (LDI) ed ha messo a serio rischio la tenuta dei fondi pensione britannici (importante sottolineare quest’ultimo passaggio).

Qui proviamo a spiegare cosa sono i Liability Driven Investment (LDI), fornendo qualche indicazione di massima sui rischi che corrono quei fondi che hanno in pancia questo tipo di strumento derivato. Per ulteriori approfondimenti rimanderemo ad alcuni articoli molto interessanti che potranno permettere al risparmiatore/investitore di essere più consapevole prima di aderire a forme di investimento, anche quelle apparentemente più sicure.

Cosa sono i Liability Driven Investment (LDI)

Investopedia lo definisce così:

Gli investimenti orientati alle passività sono comunemente utilizzati nei piani pensionistici a prestazioni definite o in altri piani a reddito fisso per coprire le passività attuali e future attraverso l’acquisizione di attività”.

Quindi, l’approccio generale ai piani d’investimento liability-driven consiste nel minimizzare e gestire il rischio di passività, seguito dalla generazione di rendimenti patrimoniali.

Per spiegare cosa sono i Liability Driven Investment (LDI) usiamo una metafora. Ipotizziamo di essere un investitore di lungo termine che però non ama vedere il suo portafoglio finanziario restare in negativo nel breve periodo.

Nei fatti ciò non è sempre così facilmente raggiungibile e anche il migliore dei fondi trova qualche difficoltà a garantire ai propri investitori la crescita incrementale dell’investimento nel tempo, evitando le perdite di breve periodo.

Ma è quello che desiderano gli investitori e allora come si fa ad “assecondare questa contraddizione”, si domanda l’Aifo (Associazione italiana family office)? Di solito informando l’investitore che deve accettare di vedere il suo portafoglio attraversare anche degli anni negativi.

Ma negli anni 1990 ecco arrivare una soluzione che ben si adatta ai fondi pensione e ai fondi patrimoniali: i Liability Driven Investment (LDI).

Ideata a Wall Street, i gestori dei fondi che utilizzano la metodologia LDI creano due portafogli di investimento in cui fanno confluire i fondi dei propri clienti.

Il portafoglio “reddito”

Il primo portafoglio è definito di “reddito”, ed ha il compito di difendere e di coprire una parte degli impegni di breve termine o al massimo di medio termine. Questo portafoglio si compone di obbligazioni di elevato merito di credito scelte da appositi algoritmi che tengono conto di numerosi fattori.

Le obbligazioni inserite nel portafoglio devono poter garantire flussi di cassa corretti per scadenze e importi e devono impegnare il minor importo possibile a parità di merito di credito.

Di solito non si guarda ai tassi di interesse in crescita nel breve periodo perché il rischio di tasso viene estinto dalla durata degli investimenti allineata a quella degli impegni: se tengo le obbligazioni fino alla scadenza la diminuzione di valore nel breve causata dai tassi di interesse più alti non mi riguarda.

Secondo questa tecnica anche il rischio di inflazione e di default viene minimizzato.

Il portafoglio “crescita”

Il secondo portafoglio prende il nome di “crescita” ed è quello che permette di realizzare il guadagno sul lungo termine sperato da tutti, risparmiatori/investitori compresi.

L’obiettivo del portafoglio crescita è di creare una ricchezza superiore al portafoglio reddito in un certo orizzonte temporale (5 anni, 10 anni, 15 anni, ecc.).

Tale portafoglio investe in attività finanziarie con profili di rischio diversi allo scopo di aumentare il suo valore. Questa parte del capitale, si dà per scontato, che l’investitore non lo toccherà fino alla scadenza dell’orizzonte temporale di investimento (altrimenti potrebbe incassare comunque una perdita).

I vantaggi del Liability Driven Investment (LDI)

Il metodo LDI viene utilizzato perché permette il controllo dell’alea, cioè del “rischio sequenza” guadagni e perdite che si presentano nel tempo.

Infatti, anche se la sequenza +5%, +2%, -3%, -2% può sembrare identica nella somma a -4%, +3%, +6%, -3%, in realtà non è così se nel periodo in cui tali guadagni e perdite si verificano si effettuano delle aggiunte o dei prelievi (si pensi ai piani di accumulo del capitale, PAC).

Inoltre, l’approccio LDI permetterebbe di ridurre i comportamenti bizzarri che gli investitori assumono quando il portafoglio è in forte perdita (i bias descritti dall’economia comportamentale).

L’approccio permette quindi di non guardare alla sovra-performance, ma di guardare al raggiungimento di una ricchezza finale stabile e ovviamente massimizzata il più possibile (fonte: Aifo, Liability driven investing).

Tutto bello, ma cosa succede quando la matematica si “rompe”?

L’approccio generale ai piani d’investimento liability-driven consiste nel minimizzare e gestire il rischio di passività, seguito dalla generazione di rendimenti patrimoniali. Eppure nel Regno Unito questo non è successo e i fondi pensione hanno rischiato di fallire se la Banca d’Inghilterra non fosse intervenuta come “acquirente di ultima istanza” delle obbligazioni che nessuno voleva più comprare.

I limiti dei liability driven investing, altro modo di definirli, sono venuti fuori in pochi giorni dopo lo sciagurato annuncio da parte del governo di Liz Truss di finanziare completamente a debito la diminuzione delle tasse ai ricchi e alle imprese e la copertura delle bollette elettriche per gli inglesi.

Scelte popolari (populiste), ma che hanno rappresentato un rischio sistemico per l’economia del Regno Unito mettendo a repentaglio le pensioni dei britannici.

Il perché è successo lo ha spiegato in un lungo post sul suo blog il consulente patrimoniale statunitense Ben Hunt, riportato in lingua italiana da Milano Finanza (l’invito è a leggerlo tutto).

In poche parole, la caduta per 30 anni dei tassi di interesse con gli ultimi 15 anni che hanno portato i tassi di interesse sotto lo zero o a zero in molte parti del mondo, hanno fatto imbarcare ai fondi pensione e patrimoniali molta passività previdenziale cosiddetta.

I fondi, per ovviare alla tanta passività previdenziale accumulata hanno accettato di introdurre il meccanismo LDI che in fin dei conti è una strategia di hedge fund. Cioè, si tratta di una strategia per coprire le passività investendo in modo da guadagnare e compensare i tassi di interesse in calo che fanno aumentare le passività.

Peccato che ora una “superinflazione” come non la si vedeva da 40 anni a questa parte, sta richiedendo alle banche centrali un cambio di politica monetaria repentino, accelerato. Questo porta a una brusca discesa anche delle passività previdenziali, il che dovrebbe essere un beneficio per i fondi, ma questi ultimi hanno attivato dei derivati che vanno nella direzione opposta: guadagno dalle passività causate dai bassi tassi di interesse.

Quindi cosa è successo tra il 26 e il 30 settembre? Che le banche che stavano dall’altra parte di questa scommessa hanno effettuato delle “margin call”, chiedendo ai fondi di fornire ulteriori coperture in denaro liquido perché quelle disponibili non erano più sufficienti.

Tuttavia, a causa dei precedenti aumenti dei tassi di interesse (la BoE è stata la prima ad effettuarli nel 2021), i fondi britannici si erano già trovati nelle condizioni di dover rispondere a delle margin call e non avevano più denaro liquido da aggiungere. Ecco che hanno avviato una svendita di obbligazioni a breve termine e in perdita (nella fattispecie i titoli di Stato britannici, Gilt), per rispondere alla chiamata di più margine fatta dalle banche. Ma anche questa vendita non è bastata e a un certo punto non si trovavano più acquirenti per le obbligazioni Gilt da vendere (ora in forte in perdita).

Da qui l’intervento della Banca d’Inghilterra che ha acquistato lei le obbligazioni dei fondi per evitare il fallimento di questi ultimi, ma anche delle banche che si sono prestate alla scommessa.

Concludendo

Quanto ne sanno coloro i quali investono in fondi pensione di tutto ciò?

Secondo Ben Hunt non è finita qui, perché si vedrà nei prossimi mesi quale fondo pensione o patrimoniale britannico ne è uscito con le ossa più rotte. Hunt prevede che i più mal messi possano fallire.

Ovviamente parliamo solo di Regno Unito, ma le interconnessioni dei subprime del 2008 sono lì a ricordarci cosa successe allora e come dal mercato degli USA la crisi si riverberò a livello globale nello svolgersi di un anno o poco più.

Per ora una “Lehman Brothers Made in Britain” è stata evitata, in futuro si vedrà.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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