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Nuovi stimoli dalla Bpc mentre l’Eurozona zavorra ancora la crescita globale

Da
Barry Norman
Pubblicato: Feb 5, 2015, 18:53 GMT+00:00

La Banca Popolare Cinese (Bpc) si è mossa in soccorso della propria economia sempre più in difficoltà, sorprendendo analisti e trader. Solo qualche

Nuovi stimoli dalla Bpc mentre l’Eurozona zavorra ancora la crescita globale

La Banca Popolare Cinese (Bpc) si è mossa in soccorso della propria economia sempre più in difficoltà, sorprendendo analisti e trader. Solo qualche settimana fa il primo ministro di Pechino aveva rassicurato i mercati dicendo che l’economia della Cina avrebbe attraversato un periodo di rinnovamento da cui sarebbe uscita rafforzata.

Il Fmi ha frattanto tagliato le sue previsioni di crescita per la Cina nel 2015 e nel 2016 proprio mentre l’economia globale sembra incapace di rimettersi in moto nonostante il brusco calo dei prezzi petroliferi. L’Fmi ritiene che quest’anno l’espansione del Pil cinese rallenterà al +6,8% e non supererà il +6,3% l’anno prossimo, rivedendo al ribasso quanto predetto nel World Economic Outlook di tre mesi fa: in quell’occasione, le previsioni puntavano a un +7,1% nel 2015 e un +6,8% nel 2016.

Le autorità di Pechino hanno ribadito in più di un’occasione di voler modificare il modello economico su cui è stata fondata l’incredibile ascesa cinese degli ultimi 30 anni per passare a un sistema orientato ai consumi interni e alla produzione di servizi da quello basato sugli investimenti pesanti e sull’esportazione di prodotti manifatturieri.

La formula è stata capace di sollevare centinaia di milioni di persone dalla povertà pur producendo un inquinamento massiccio, una pericolosissima bolla nel settore immobiliare e una montagna di debiti nei bilanci degli istituti del c.d. “sistema bancario-ombra” che hanno finito per distorcere i costi dell’attività finanziaria.

Ieri la Bpc ha ridotto i requisiti della riserva bancaria obbligatoria per gli istituti commerciali più grandi dello 0,5%, portandoli al 19,5%. Si tratta dell’ammontare dei depositi di un istituto che deve essere immobilizzato e tenuto in riserva nei caveaux dell’istituto centrale. La banca centrale ha inoltre ridotto di un ulteriore 0,5% i requisiti per gli istituti più piccoli che sono stati in grado di rispettare i target di prestito alle piccole e medie imprese.

Era la prima volta dal maggio 2012 che la banca centrale interveniva per ridurre la riserva bancaria obbligatoria. A oggi gli istituti di credito cinesi tengono immobilizzati qualcosa come 113,86 trilioni di yuan e si ritiene che l’intervento della Bpc possa liberare circa 570 miliardi di yuan a vantaggio dei prestiti delle banche ordinarie. Il taglio addizionale per gli istituti più piccoli dovrebbe rendere disponibili altri 130 miliardi di yuan.

Nel 2014 il tasso di crescita del Pil cinese è stato fra i peggiori di quelli a oggi registrati. L’attività del settore manifatturiero cinese si è inoltre contratta per la prima volta dal settembre 2012, con l’indice PMI ufficiale in calo al 49,8, ovvero al di sotto della soglia (50) che separa espansione e contrazione dell’attività. La ripresa economica statunitense e la conclusione del Qe targato Fed hanno determinato un deflusso di capitali dal resto del mondo a tutto vantaggio dell’economia degli Stati Uniti.

In Cina le autorità preposta alla supervisione del tasso di cambio hanno affermato che nell’ultimo trimestre il colosso asiatico ha registrato un deficit di 91 miliardi di dollari Usa in conto capitale e finanziario. Il deflusso di capitali ha così ridotto la liquidità del paese.

É probabile che nel lungo periodo la politica cinese di accumulare enormi riserve di valuta estera verrà conclusa. Se così fosse, gli istituti di credito cinesi non dovrebbero più tenere immobilizzato circa il 20% dei propri depositi al fine di sterilizzare l’enorme afflusso di dollari Usa nel paese. Il che permette di concludere che con la sua decisione la Bpc ha intaccato un vero e proprio fardello fiscale che insisteva sul sistema bancario della Cina.

Nonostante le buone notizie dalla Cina, la gran parte degli analisti sembra continuare a sottovalutare la grave minaccia rappresentata dal declino economico dell’Eurozona, una delle maggiori economie globali, la cui mancanza di crescita sta finendo per danneggiare l’espansione delle altre economie del pianeta.

L’Eurozona vive una crisi da domanda aggregata che con ogni probabilità si protrarrà anche nel 2015. Nell’estate del 2012 l’abile presidente Bce Draghi riuscì a cavare l’euro dalla fase peggiore della crisi mondiale dicendo semplicemente che avrebbe fatto “tutto quello che sarebbe stato necessario” per salvare la valuta comune. Oggi ha davanti a sé una sfida probabilmente più grande. Il 2014 di Eurolandia è stato l’anno in cui la ripresa economica europea non è riuscita ad attecchire mentre faceva capolino lo spettro della deflazione. La scelta Bce dello gennaio 2015 di lanciare un enorme programma di stimoli monetari dovrebbe contrastare la crisi e sostenere l’espansione economica globale.

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