Il 2014 si conferma essere un annus horribilis per la finanza italiana, sia pubblica che privata; nonostante la posticipazione del pareggio di bilancio al
Il 2014 si conferma essere un annus horribilis per la finanza italiana, sia pubblica che privata; nonostante la posticipazione del pareggio di bilancio al 2017, l’UE concede, il Governo Renzi ringrazia, l’ultimo supplemento al bollettino statistico di finanza pubblica elaborato dalla Banca d’Italia, uscito il 12/1/2015, ha mostrato come lo scorso novembre il debito delle amministrazioni pubbliche sia aumentato di 2,6 miliardi di euro a quota 2.160,1 miliardi.
Numeri davvero preoccupanti, ma drammaticamente comprensibili se letti in funzione del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche, che ammonta a 5,4 miliardi, compensato parzialmente delle disponibilità liquide del Tesoro per 3,2 miliardi.
Attori responsabili di questo tragico spettacolo, vale a dire l’aumento del debito per 0,3 miliardi, sono l’emissione di titoli sotto la pari, il deprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei BTP indicizzati all’inflazione (BTPi).
Scendendo nel dettaglio annuale, fino a novembre 2014, il debito pubblico è aumentato di 90,3 miliardi, riflettendo, come già detto, il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche stimato sui 69,8 miliardi e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro, che si attestano sui 28,6 miliardi. In questo caso, però, l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e gli effetti della rivalutazione dei Btpi hanno contenuto l’incremento del debito per 8,1 miliardi.
Sul fabbisogno dei primi undici mesi ha inciso per 4,7 miliardi il sostegno finanziario ai Paesi dell’area dell’euro, minore dei precedenti 12,4 miliardi del corrispondente periodo 2013, con la quota di competenza italiana che alla fine di novembre risultava di 60,3 miliardi di euro.
Nello specifico, guidano l’ascesa debitoria le amministrazioni centrali, vantando un deficit di 2 miliardi, seguite da quelle locali che si attestano su 0,6 miliardi, mentre rimangono invariati gli indici degli enti di previdenza, per i quali il debito non ha subito modulazioni.
A questi numeri dovrebbero contrapporsi quelli positivi del mese di dicembre, nel quale, come negli anni precedenti, si assiste ad una contrazione del debito in ragione dell’effetto di avanzo atteso nel saldo delle amministrazioni pubbliche per il calo delle disponibilità liquide del Ministero di Via XX Settembre.
Passando alla disamina di banche e istituti finanziari è possibile osservare come, nei primi 10 mesi dell’anno precedente, entrambi abbiano aumentato la quantità di titoli del debito pubblico italiano, registrando una crescita, per le prime da 397 a 418 miliardi di euro, per i secondi da 375 a 406 miliardi.
Ancor più considerevole è l’aumento dei titoli in mano ad investitori esteri, i quali sono saliti da 648 a 683 miliardi, mentre sono scesi quelli in mano alle famiglie, diminuiti da 230 a 216 miliardi.
Risulta preoccupante questa proporzione inversa di aumento e diminuzione di titoli italiani, specialmente perché affossa maggiormente un paese bisognoso di risalire la china per suo conto e non essere così esposto a speculatori, stranieri in primis, che minaccino di peggiorare un baratro finanziario, sostenuti da ingenti capitali e sfruttando il momento delicato dell’euro.
Per quanto riguardi il gettito, invece, quello contabilizzato a bilancio statale è stato, sempre a novembre, pari a 31,3 miliardi di euro, in aumento dello 0,4% (0,1 miliardi) rispetto allo stesso mese dell’anno prima. Nel progressivo gennaio-novembre, le entrate sono rimaste invariate, anche se, considerando una disomogeneità fra il 2013 e il 2014, nella contabilizzazione di alcuni incassi, la dinamica delle entrate tributarie è stata meno favorevole.
La conseguenza di tutto questo è un l’inizio di un anno, il 2015, fortemente vincolato dalle criticità e le stringenze del 2014, in una nazione, quella italiana, che si presenti davvero poco credibile al pubblico degli investitori, la cui, per l’appunto, maggiore sfida, sarà riappropriarsi o forse ricostruirsi una solida credibilità.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.