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Il dollaro Usa è sempre il più forte pur dovendo cedere qualcosa

Da
Barry Norman
Pubblicato: Jan 12, 2015, 19:28 GMT+00:00

Stamattina le piazze nipponiche rimangono chiuse per una festività locale, anche se i trader non hanno rinunciato a fare transazioni in yen proprio mentre

Il dollaro Usa è sempre il più forte pur dovendo cedere qualcosa

Stamattina le piazze nipponiche rimangono chiuse per una festività locale, anche se i trader non hanno rinunciato a fare transazioni in yen proprio mentre il dollaro statunitense continua a deprezzarsi a causa della scelta dei trader di concentrarsi sui dati occupazionali più negativi nonostante la gran messe di buone notizie provenienti dall’economia Usa. L’indice del dollaro si è portato da 91,85 dal massimo di 92,52 per via dei dati economici pubblicati venerdì scorso; l’euro e la sterlina hanno così potuto recuperare parte delle perdite patite la settimana scorsa: al momento viaggiano rispettivamente a 1,1856 e 1,5165.

Lo yen è cresciuto sino a 118,42 contro la banconota verde a causa dei timori sul mercato del lavoro Usa, reputato ancora troppo debole proprio mentre la Fed si appresta a rialzare i tassi d’interesse. A ogni modo, a dicembre le buste paga non-agricole sono lievitate di 252mila unità contro una previsione di +241mila nuovi occupati. Il tasso di disoccupazione è sceso al 5,6% contro un’attesa di un calo al 5,7%. Ma la notizia negativa riguarda le remunerazioni orarie medie, cadute dello 0,2% nonostante una previsione per un rialzo del +0,2%. Si tratta del primo calo dal luglio 2013 e, forse, da ascrivere alle assunzioni eccezionalmente elevate per le festività natalizie (caratterizzate da remunerazioni tutto sommato contenute).

La scorsa settimana l’indice del dollaro era cresciuto del +0,8% toccando ben nove nuovi massimi contro le sue principali controparti valutarie grazie alle aspettative crescenti per un rialzo dei tassi Usa atteso per questo anno. Inoltre, l’incertezza legata al futuro politico della Grecia nell’Eurozona ha finito per danneggiare la propensione al rischio, proprio mentre le rinnovate voci di una normalizzazione della politica monetaria Usa continuavano a supportare la banconota verde. Il dollaro ha così toccato un massimo di metà settimana a 92,76 per chiudere la sessione del venerdì a 92,15.

Stamattina l’euro ha guadagnato 14 punti – portandosi a 1,1857 – grazie alle difficoltà attraversate dal dollaro Usa. La valuta comune aveva invece perso circa l’1,3% nel corso della scorsa settimana poiché gli investitori guardano con sempre maggiori preoccupazioni alla possibilità che la Grecia finisca per dover abbandonare l’unione monetaria. Inoltre, a pesare sulle quotazioni dell’euro sono state le voci secondo cui la Bce è ormai pronta a intervenire con un programma di acquisto titoli su larga scala. I dati economici hanno poi evidenziato come a dicembre i prezzi al consumo di Eurolandia siano finiti in territorio negativo per la prima volta in 5 anni. La lettura non ha fatto che alimentare le aspettative di quanti puntano all’annuncio di un Qe europeo nel corso della riunione di politica monetaria targata Bce del prossimo 22 gennaio.

La valuta comune dovrebbe muovere in ribasso anche nel corso della sessione odierna, dal momento che i tecnici della Banca Centrale Europea si sarebbero appena riuniti per discutere le modalità di acquisto dei titoli sovrani dei paesi dell’area euro. La divisa dovrà inoltre scontare la pressione ribassista figlia dell’incertezza legata al futuro della Grecia nell’Eurozona nel caso in cui il partito di estrema sinistra e anti-austerità Syriza dovesse trionfare alle elezioni generali di fine mese.

I dollari di Australia e di Nuova Zelanda viaggiano entrambi in territorio positivo sull’inda degli ultimi e insoddisfacenti dati economici provenienti dagli Stati Uniti. L’AUD è cresciuto sino a 0,8246 mentre il Kiwi ha guadagnato 11 punti sino a 0,7850.

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