Ieri Wall Street ha beneficiato di solidi dati economici che hanno rilanciato la propensione al rischio degli investitori, mentre l’avvio della stagione
Il biglietto verde si è apprezzato nel corso della sessione asiatica grazie al buon dato sulle vendite al dettaglio Usa, fatto che ha rafforzato la fiducia degli investitori verso la prima economia del mondo. A metà sessione di ieri dollaro ha toccato quota 119,08 yen a fronte dei 118,65 stampati a New York e soprattutto dei 117,67 registrati in apertura di sessione del giovedì a Tokyo.
La National Australia Bank (Nab) ha affermato che “l’ottima performance delle vendite al dettaglio Usa di novembre, assieme all’impatto favorevole che sta avendo sulla capacità d’acquisto dei consumatori il calo di prezzo del greggio, ha sospinto verso l’alto gli indici azionari e il dollaro”.
Sull’altra sponda dell’Atlantico, l’euro ha perso 10 punti sino a 1,2396. La valuta europea ha aperto contrastata la sessione odierna dopo aver perso terreno a seguito dei risultati non così soddisfacenti dell’ultima asta TLTRO della Bce di ieri. I prestiti erogati dall’Eurotower, ha commentato la Nab, “non sono stati certo eclatanti, né sono riusciti a sorprendere qualcuno”.
“L’esito era in linea con le previsioni della vigilia, peraltro già particolarmente basse, contrastando apertamente con l’ottima performance dell’economia statunitense che ha beneficiato di vendite al dettaglio in crescita nel mese di novembre” e nonostante l’effetto deflattivo innescato dal calo di prezzo del greggio. La Bce ha affermato che i 306 istituti hanno preso a prestito 129,8 miliardi di euro in quello che è stato il secondo round di un programma di erogazione prestiti a basso costo e lunga scadenza finalizzato a rilanciare l’economia. L’esito ha così rilanciato le probabilità che la Bce finirà per ricorrere a misure di stimolo ancora più aggressive già dal prossimo anno.
Il superdollaro ha spinto verso il basso le quotazioni delle valute legate alle materie prime, con l’Aussie caduto a 0,8276 e il Kiwi a 0,7799 dopo aver perso 17 punti. Le materie prime legate alle divise di paesi quali Australia e Nuova Zelanda sono state infatti trascinate verso il basso dal crollo dei prezzi di greggio, acciaio e prodotti agricoli; allo stesso tempo, la banconota verde beneficiava di dati favorevoli provenienti dal mercato del lavoro e dalle aspettative per un rialzo anticipato dei tassi da parte della Fed. Il calo del Kiwi si è arrestato dopo che la Reserve Bank of New Zealand ha lasciato inalterato al 3,5% il tasso ufficiale di sconto del paese, affermando che i rialzi successivi saranno posticipati nel tempo (rispetto a quanto inizialmente stimato) per via di un’inflazione che continuerà a crescere in maniera modesta. Alcuni trader avevano invece puntato proprio a un nuovo rialzo, motivo per cui sono stati colti di sorpresa dall’immobilismo della Rbnz. L’Aussie si è invece contratto dopo che il governatore Rba Stevens ha affermato che la valuta del paese si deprezzerà con ogni probabilità nel corso del prossimo anno, fino a essere scambiata attorno ai 75 centesimi di dollaro.