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Più grande accordo commerciale di sempre firmato nel 2020 senza gli Usa

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: Nov 12, 2019, 08:53 UTC

Il più grande accordo commerciale di sempre sarà firmato nel 2020 e gli Usa non ci sono. Le preoccupazioni di un Paese 'modello di riferimento' al tramonto.

Accordo commerciale

L’Asia e i suoi partner “d’area” si apprestano a firmare quello che sarà ricordato come il più grande accordo commerciale della storia mondiale. L’accordo verrà firmato nel 2020 tra le 10 nazioni che compongono l’ASEAN (l’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico) e un gruppo di cinque nazioni presenti nell’area geografica che sono: Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud.

Gli Stati Uniti d’America, fa notare la Cnbc nel suo articolo, non è presente nell’accordo il cui nome è significativo: Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP).

Per capire le dimensioni di questo mega accordo commerciale, basti pensare che le sole 10 nazioni dell’ASEAN rappresentano 600 milioni di persone, e comprende l’Indonesia, la Malesia, Singapore, Filippine e altre nazioni di quell’area. Più grande quindi dell’Unione Europea e più grande dell’USMCA, l’accordo commerciale Usa Canada Messico.

Le origini dell’accordo RCEP e il suo significato

Naturalmente firmare un accordo non significa nulla se non viene messo in pratica dai Paesi firmatari, lo sappiamo bene. Tuttavia la stipula di un accordo avvia sempre un processo, quanto meno di avvicinamento tra gli Stati e le popolazioni le quali stringono collaborazioni commerciali.

Va sottolineato, però, che i Paesi esterni all’ASEAN, Australia, Cina e così via, hanno già accordi bilaterali con l’ASEAN stessa, quindi esistevano già relazioni commerciali che ora si consolideranno in un unico grande accordo di scambio commerciale.

Il patto, l’accordo, è stato presentato per la prima volta alla comunità internazionale nel novembre 2012 a Phnom Penh, la capitale della Cambogia (che fa parte dell’ASEAN).

Inizialmente anche l’India avrebbe dovuto farne parte, poi ha deciso di non aderire per alcune preoccupazioni sul danneggiamento degli interessi dei suoi produttori nazionali.

Le negoziazioni sono partite nel 2013 e ora, dopo un naturale processo durato alcuni anni, i Paesi interessati dall’accordo sono pronti a firmarlo.

Una minaccia per il resto del mondo?

La Cnbc vede il mancato ingresso degli Usa nell’accordo Rcep come una mancata opportunità per gli Usa. Ma è anche vero che i Paesi che vi aderiscono sono geograficamente molto più vicini tra l’oro rispetto agli Usa, ma anche rispetto a qualsiasi membro dell’Ue.

L’accordo favorirà il commercio tra i paesi firmatari, si abbasseranno le tariffe doganali favorendo lo scambio di merci. Questo per chi non “ci sta dentro” certamente non è positivo, ma è anche vero che esistono sempre altri tipi di accordi commerciali e collaborazioni possibili.

Ad esempio, l’ASEAN è presente in numerose nazioni in tutto il mondo, compresa l’Italia.

E poi, messaggio da far giungere agli statunitensi, se loro hanno messo in piedi un nuovo regime protezionista e sono in guerra commerciale con tutto il mondo (Cina, India, Ue), come rammaricarsi di non far parte di questo nuovo accordo? Anzi, suonerebbe innaturale se gli Usa ne facessero parte dal momento che hanno un contenzioso aperto con la Cina.

L’Asia il nuovo centro commerciale del mondo

Che sia l’Asia il nuovo centro commerciale del mondo è evidente, un dato di fatto. L’unica strategia vincente è quella messa in atto dai paesi che stringono accordi con i mercati asiatici. L’Italia per fortuna lo sta facendo.

Protezionismo e guerra commerciale denotano solo la paura di un Paese che sta maturando la consapevolezza di non essere più l’attore forte, quello a cui tutti, o quasi tutti, facevano riferimento.

Semmai vi è stato un modello socio-economico unico e forte da seguire a questo mondo, ebbene esso ora si avvia al tramonto.

Un accordo commerciale è sempre una opportunità.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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