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Fuga di cervelli dall’Italia vale una manovra da 14 miliardi di euro

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: Jul 17, 2019, 08:12 UTC

La Fuga di cervelli dall'Italia vale una manovra economica da 14 miliardi di euro, lo dice il ministro all'Economia Giovanni Tria alla Business School LUISS.

Fuga di cervelli

Invitato durante l’evento sul digitale alla Business School dell’Università LUISS, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ricorda quanto costa all’Italia la fuga di cervelli verso l’estero:

“Stiamo perdendo talenti ma anche risorse, la fuga di cervelli all’estero che sta conoscendo l’Italia ci fa perdere circa 14 miliardi all’anno, poco meno dell’1% del Pil.”

Una mezza manovra economica, di cui l’Italia potrebbe beneficiare in termini di maggiori entrate e soprattutto di migliore benessere per l’intero sistema Paese.

Fuga di cervelli, infatti, significa studenti e studentesse con elevate conoscenze e competenze che potrebbero beneficiare il sistema produttivo italiano, e invece, beneficiano quello di altri Paesi dove sono accolti con favore.

Sulla trasformazione digitale l’Italia rischia la sua sovranità

Il ministro Tria amplia poi la sua riflessione alla trasformazione digitale in atto, ed afferma che “o ne siamo protagonisti o la subiamo. E se la subiamo il rischio principale, a lungo termine, è politico, non economico”.

Il rischio è politico perché i dati sono materia prima come il petrolio e il carbone, anzi, in una epoca in cui tentiamo di accantonare il petrolio e il carbone, i dati diventano l’oro su cui focalizzare l’attenzione gli sforzi.

Dalla gestione dei dati, prosegue Tria, passa “la capacità di generare innovazione, nuovi servizi, nuove tecnologie”. E l’Italia può essere protagonista, perché “questo petrolio lo produciamo anche in Italia” ma chi possiede il nuovo petrolio? Chi gestisce il flusso di informazioni e di conoscenza che dalla lettura dei dati deriva?

Qui l’Italia si gioca ancora di più il futuro. E se all’estero il terreno è favorevole all’impianto di nuove aziende capaci di gestire questi dati, l’Italia non può essere da meno. Altrimenti continueremo a formare eccellenti studenti, che poi vanno a lavorare nelle aziende straniere impoverendo l’Italia ulteriormente.

Un ritardo europeo

Il ministro Tria ci vede in tutto ciò un ritardo non solo italiano, ma europeo rispetto ai competitor di altri continenti. Ciò sta avvenendo per carenza di infrastruttura digitali, per un contesto non favorevole alle start up in cui crescere e diventare grandi come avviene negli USA e non solo.

Ma in realtà questo è più un ritardo italiano che europeo.

Un piano strategico per il digitale in Italia

Il ministro Giovanni Tria accoglie quindi con favore l’iniziativa di Confindustria digitale, di avviare un Piano strategico per il digitale in Italia.

Bisogna investire sulle persone, sulla loro formazione per il ministro. Bisogna “cambiare il nostro modo di concepire le competenze professionali, visto che il 65% dei bambini che iniziano la scuola primaria farà quasi sicuramente un lavoro che al momento non esiste.”

Già perché le nuove tecnologie per ora in fase di sperimentazione nei laboratori dei centri di ricerca universitari e delle aziende, ben presto cambieranno ancora una volta il nostro stile di vita, richiedendo quindi nuovi prodotti per soddisfare le necessità delle persone.

Anche l’informatica, per il ministro, deve assumere un ruolo nuovo nell’ambito della formazione e poi è necessaria una formazione linguistica più diversificata conclude.

La prossima manovra economica e i tagli all’istruzione

Non ci saranno tagli all’istruzione nella prossima manovra economica, lo rassicura il ministro. Così come non ci saranno tagli alla sanità, i fondi necessari alle coperture si troveranno dalla riduzione della spesa corrente, ma senza intaccare i servizi alle persone.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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