La prima giornata intera di trading del 2015 ha fatto scintille. Stamattina il dollaro Usa sale fino a 91,82 dopo le ultime parole di una serie di membri
Altri membri-Fed propendono invece per azioni più incisive. Il presidente Fed della filiale di Cleveland, Loretta Maester, preconizza un rialzo dei tassi nella prima metà dell’anno; è questo quello che emerge dall’intervista rilasciata venerdì scorso al Fox Business Network.
Il Wall Street Journal ha fatto riferimento alle parole pronunciate sabato scorso dall’ex-governatore Fed nonché economista dell’Università di Harvard Jeremy Stein, secondo il quale il modo in cui la Fed comunicherà le sue intenzioni potrebbe tranquillizzare, o intorbidire, lo scenario che ci apprestiamo a vivere. A questo proposito ha spostato l’attenzione sulla fine del programma di acquisto-titoli della Fed: a metà-2013 i segnali di una sua futura conclusione alimentarono sensibilmente la volatilità di mercato, mentre la più recente riduzione del ritmo degli acquisti è avvenuta in un clima di relativa tranquillità.
Sull’altra sponda dell’Atlantico, le parole del numero uno della Bce Mario Draghi hanno fatto toccare un nuovo minimo all’euro, che stamattina ha toccato quota 1,18 prima di rimbalzare fino a 1,1940. Il dollaro Usa, già di per sé capace di mettere sotto forte pressione le quotazioni della valuta europea, è riuscito ad apprezzarsi ulteriormente dopo che il presidente dell’Eurotower ha ribadito la possibilità di dare il via a un Qe nell’Eurozona.
Draghi ha detto che la deflazione rappresenta una grave minaccia per le economie di Eurolandia, e che la banca centrale deve prepararsi a contrastarla. Il rischio di un’inflazione incapace di muoversi in rialzo è infatti “cresciuto rispetto a 6 mesi fa”. Ha poi aggiunto che la Bce “sta facendo i preparativi tecnici per definire dimensione, velocità e composizione delle proprie misure di inizio 2015, nel caso in cui lo scenario lo dovesse rendere necessario”.
Secondo Sean Callow, stratega in investimenti valutari alla Westpac Banking Corp. di Sydney intervistato da Bloomberg, “i motivi per cui nel corso del fine settimana gli investitori hanno scelto di liberarsi di euro sono piuttosto chiari: Draghi ha compiuto un altro passo verso il Qe proprio mentre peggiorano le prospettive politiche dello scenario greco”. Le pressioni ribassiste sulle quotazioni dell’euro sono infatti acuite dall’incertezza che aleggia attorno alla Grecia, ove prima della fine del mese si terranno delle elezioni generali che vedono favorito il partito di estrema sinistra e anti-austerità Syriza.
L’Aussie ha toccato un nuovo minimo a 0,8057 cedendo 34 punti, mentre il Kiwi ne perdeva 74 fino a 0,7630. Lo yen nipponico è invece cresciuto di 69 punti fino a 143,39 sospinto verso l’alto dalla domanda di asset sicuri da parte dei trader a fronte del crollo dell’euro.