Che settimana per le materie prime: l'oro decolla e il greggio crolla. L'Opec, spinta dall'Arabia Saudita, ha deciso di mantenere i suoi livelli di
Negli ultimi mesi i prezzi del greggio hanno registrato un forte ribasso sul retro di un massiccio surplus delle scorte mondiali, scenario che ha ridotto notevolmente la domanda globale. Inoltre, nel mese di novembre, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio ha deciso di mantenere invariata la propria quota di produzione, incrementando le pressioni su Stati Uniti e Canada, produttori non appartenenti all’Opec. Detto questo, ci sembra opportuno ricordare come, lo scorso autunno gli analisti avevano mostrato le forti difficoltà che i produttori di scisto avrebbero incontrato nei guadagni qualora il greggio fosse sceso al di sotto degli 80$, poiché un prezzo così basso non gli avrebbe consentito di trarre profitto dalla vendita del suddetto combustibile, tuttavia, oggi, gli stessi sostengono che per poter ridurre il surplus delle scorte statunitensi bisognerebbe raggiungere livelli di prezzo ancora più bassi.
Il greggio scende al di sotto dei minimi quinquennali dopo che la Goldman Sachs Group Inc. e la Societe Generale SA hanno ridotto le proprie previsioni sui prezzi, inoltre, il Venezuela ha invitato l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio a collaborare per innescare un rimbalzo del mercato. Secondo gli analisti di Goldman il WTI ha postato una perdita superiore al 5,1% mentre il Brent perde il 5,9%. Il greggio sembra essere destinato a rimanere in prossimità dei minimi per un arco di tempo piuttosto elevato se i produttori di scisto non decidono di limitare i propri investimenti al fine di riequilibrare il mercato globale. Il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, ha mostrato come, per poter raggiungere nuovamente un equilibrio economico, il greggio debba tornare al di sopra dei 100$ al barile.
Lo scorso anno, il greggio ha postato una perdita di quasi il 50%, il più grande calo dall’inizio della crisi finanziaria del 2008 sul retro di un forte incremento della produzione del Qatar. L’Opec cerca di contrastare il boom dello scisto statunitense mantenendo invariati i propri livelli di produzione. Le esportazioni statunitensi postano i massimi degli ultimi trent’anni.
Lunedì la Goldman Sachs ha tagliato le proprie previsioni relative ai prezzi del greggio. Gli analisti, infatti, hanno rivisto al ribasso le proprie stime portando il greggio WTI alla soglia dei 41$ al barile contro i precedenti 70$. Nei prossimi sei mesi il greggio WTI potrebbe testare i 39$ al barile mentre, su base annua, si prevede il raggiungimento dei 65$ al barile. Le stime precedenti erano rispettivamente di 75$ e 80$.
Per quanto riguarda gli altri mercati energetici, il gas naturale è scambiato a 2.817 $, ben al di sotto della sua media stagionale. Il cherosene posta un calo di 97 centesimi per attestarsi su quota 1,6416$ mentre la benzina perde il 3,7% ed è negoziata a 1.2745$. I future del gas naturale postano i minimi degli ultimi due anni sul retro delle recenti previsioni meteorologiche che vedono temperature più elevate già da metà gennaio, scenario che potrebbe ridurre ulteriormente la domanda di cherosene. Le temperature negli Stati Uniti, restano al di sopra della media stagionale anche nel Montana e presto dovrebbero raggiungere il Maine e il sud dell’Arkansas. Detto questo, ricordiamo come il gas naturale non sia utilizzato solo come combustibile per il riscaldamento da circa la metà della abitazioni e degli uffici statunitensi ma anche per la produzione di elettricità