Come investire in CO2 e nelle tecnologie di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica? Le soluzioni, le opportunità e i rischi.
E se la CO2 si trasformasse in una materia prima su cui investire? Del resto sull’anidride carbonica già si fa trading grazie ai certificati Carbon Credits. La promessa di una CO2 trasformata in materia prima arriva dalle nuove tecnologie di cattura, che potrebbero aprire futuri scenari di utilizzo di un gas climalterante che al momento risulta essere uno dei problemi principali per il surriscaldamento della Terra.
Dunque il nostro intento qui è fornire alcune indicazioni su come investire in CO2 attraverso le società quotate in Borsa che stanno espandendo il loro business nella cattura della CO2 e nel riutilizzo del gas in vari campi.
L’anidride carbonica, cioè il diossido di carbonio (CO2), viene attualmente utilizzato da varie industrie come:
Per poter investire in CO2 è necessario conoscere come si produce la CO2, cioè quali sono i processi naturali e industriali da cui deriva il diossido di carbonio.
La CO2 viene prodotta dai seguenti processi:
In futuro avremo tecnologie capaci di catturare l’anidride carbonica per stoccarla, ad esempio, in giacimenti di gas naturale esausti.
In Italia come all’estero le multinazionali sono già all’opera, come vedremo più avanti. Al momento vogliamo soffermarci sulle diverse tecnologie di cattura e sequestro della CO2 in fase di sperimentazione.
Infatti, siamo appena agli inizi e nessuna tecnica si è affermata sulle altre… e neppure sappiamo se le tecniche attuali sono le più efficienti ed efficaci!
Quando ci avviciniamo al tema della cattura e dello stoccaggio della CO2, il primo distinguo è relativo al metodo di cattura:
La natura ha già il suo sistema avanzato di cattura della CO2 dall’atmosfera e sono gli alberi e le piante, tuttavia non pare bastino più a causa di deforestazione e di esponenziale aumento della produzione di CO2 da parte delle industrie.
Ecco in fine alcune soluzioni in fase di sperimentazione:
Le soluzioni qui presentate non sono prive di rischi. Anzitutto le metodologie che prevedono l’uso di suolo agricolo per la cattura e lo stoccaggio, potrebbero intaccare la capacità produttiva degli agricoltori a scapito della sicurezza alimentare globale.
Non di secondaria importanza è il consumo di energia necessaria ad attivare e mantenere attivi i processi di cattura. Dovendo abbandonare la produzione dal fossile, le soluzioni di cattura della CO2 punteranno alla produzione di energia da fonti rinnovabili, ma in questo modo entreranno in competizione con la produzione di energia per scopi domestici e/o destinata alle altre industrie.
Passiamo ora alle opportunità di investimento nell’estrazione e stoccaggio della CO2. Possiamo partire da Eni che, insieme a Snam, ha avviato un progetto pilota a Ravenna il cui obiettivo è trasformarsi in un hub di stoccaggio della CO2 sfruttando i giacimenti di gas naturale esauriti.
Eni è anche impegnata nel Regno Unito presso la Baia di Liverpool, dove è attivo il consorzio HyNet North West di cui la multinazionale italiana è parte. Qui è in fase di sviluppo un progetto di cattura e stoccaggio per ridurre l’impatto ambientale di un’area industriale particolarmente energivora per la Gran Bretagna.
Sempre in UK, Eni ha ottenuto il via libera allo stoccaggio di CO2 nel giacimento di gas Hewett ormai esaurito.
Eni ha inoltre intenzione di creare al suo interno una società dedicata alla cattura e allo stoccaggio di CO2. Come già preventivato per Plenitude, la nuova compagnia potrebbe un giorno essere quotata a Piazza Affari.
Nel terzo trimestre del 2023 Morningstar aveva preparato un articolo di approfondimento dedicato alle azioni della CO2 su cui investire.
Quello che balza all’attenzione dell’investitore è la provenienza delle società, tutte provengono dall’Oil & Gas. Può apparire un contro senso eppure non lo è, infatti, chi meglio dei maggiori produttori di combustibili fossili può contribuire a risolvere il problema dell’eccessiva CO2 in atmosfera?
Per quanti fossero interessati a trovare nuove strade dove allocare le proprie risorse finanziarie, investire in CO2 è un tema da monitorare per comprenderne meglio l’evoluzione nei prossimi anni.
Le grandi multinazionali petrolifere puntano molto su questa soluzione, almeno fino alla prima metà del 2035, per ridurre la propria impronta carbonica.
Va anche considerato che la riduzione delle emissioni resta l’obiettivo principale, dunque nei decenni a venire la cattura di CO2 potrebbe anche occupare un ruolo marginale o non essere più necessaria.
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.