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Wash Trading, quando i crypto exchange falsificano i volumi

Da:
Fabio Carbone
Pubblicato: Jun 14, 2020, 07:56 UTC

Il Wash Trading, ovvero quando i crypto exchange falsificano i volumi delle rispettive piattaforme per far sembrare che hanno molta attività.

wash trading

Il wash trading è una pratica assai antica nel mondo dei mercati finanziari, negli Stati Uniti le leggi sui mercati delle commodity del 1936 già etichettavano la pratica come illegale, ma essa resta ancora oggi praticata e nel settore delle criptovalute sembra aver trovato il suo “habitat naturale”.

Motherboard – Vice, riporta di aver scoperto che l’exchange di criptovalute canadese Coinsquare (di cui non sono presenti dati statistici su Coinmarketcap.com e su Coingecko.com) starebbe applicando la tecnica scorretta del wash trading utilizzando propri conti per falsificare i volumi di trading sulla propria piattaforma, al fine di mostrare ai propri clienti e a potenziali clienti che la piattaforma è molto attiva e che su di essa si sviluppa attività di trading superiore ai dati reali.

La rivista online afferma di aver ottenuto della documentazione attraverso Slack e via email che proverebbe questa pratica che in molti stati è perseguita legalmente. Coinsquare non ha replicato alle accuse alla data di pubblicazione del presente articolo.

Come funziona il wash trading

Il Wash trading inizialmente veniva applicato sulle materie prime, quindi sulle azioni, ma è applicabile anche ad altri strumenti finanziari.

Di base la tecnica è questa. Un broker e un investitore si mettono d’accordo tra loro per l’acquisto e la vendita di un titolo al fine di falsificarne il prezzo e creare un effetto manipolatorio sull’asset che induca altri a comprare.

Esso può essere anche applicato da un solo investitore se ha abbastanza liquidità disponibile, tale da comprare un titolo da un lato e venderlo dall’altro a se stesso.

Nel settore delle criptovalute esso viene applicato per far credere che vi siano alti volumi di trading su una piattaforma o per manipolare il prezzo di una criptovaluta, al fine di ottenere guadagni superiori.

Il wash trading con le criptovalute

Secondo una ricerca menzionata dal The wall street journal (Wsj) nel marzo del 2019, circa il 95% del trading in bitcoin è creato artificialmente da exchange non regolamentati.

Una percentuale altissima, ma che non sempre trova riscontri oggettivi come lo stesso articolo del Wsj riporta.

Nell’ottobre del 2019 ci ha provato TokenInsight a effettuare una ricerca su questa particolare pratica scorretta, pubblicando la seconda edizione del suo Wash trading research report.

Secondo questa ricerca, su 24 exchange di criptovalute analizzati in quel periodo, solo quattro avevano un volume di trading con una accuratezza che superava il 90%. Tra essi TokenInsight ha citato Coinbase Pro, Gemini e Bitstamp come quelli che hanno una accuratezza superiore al 90% e quindi sono exchange che non praticano il wash trading.

Sempre secondo questa indagine, piattaforme come Exmo, CoinEgg, CoinMex, Lbank, praticavano alla data della ricerca il wash trading su almeno una parte degli asset.

In precedenza, ovvero nel mese di marzo del 2019, fu Bitwise a realizzare un paper con una corposa Analisi sul volume di trading reale del bitcoin. 74 pagine di ricerca in cui l’asset management analizzava in profondità le dinamiche del trading di bitcoin e toccava quindi anche il wash trading.

Con quella ricerca il paper metteva in evidenza come una grossa parte dei volumi di trading fosse falsato e non corrispondente al vero, ritenendo i dati di CoinMarketCap “sbagliati”, fornendo agli investitori informazioni distorte sulla “reale dimensione e natura del mercato del bitcoin”.

Sull'Autore

Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.

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