Stamattina i trader hanno potuto fare i conti con dati occupazionali neozelandesi quasi in linea con le aspettative e con un indice PMI terziario HSBC
Anche il dollaro Usa è scambiato al ribasso dopo aver perso circa lo 0,4% nella sessione di ieri alla luce di dati economici non particolarmente favorevoli. Sentimenti di mercato ribassisti hanno comunque portato a un incremento della domanda di banconote verdi, evitandogli perdite maggiori. La divisa statunitense ha toccato un minimo di metà giornata a 86,98 prima di chiudere a 87,09.
Le piazze borsistiche a stelle e strisce stanno monitorando con grande attenzione le elezioni di medio termine del paese, laddove i democratici del presidente Obama rischiano di perdere anche la maggioranza del Senato. Stando a quanto sostiene Sam Stovall, di S&P Capital IQ, è dal 1945 che l’indice S&P500 lievita in media del 15,1% l’anno ogniqualvolta un presidente democratico ha dovuto confrontarsi con un Congresso interamente controllato dai repubblicani. Analoga percentuale si registra nei periodo in cui i repubblicani controllano Casa Bianca e Congresso.
I repubblicani hanno conquistato i seggi di West Virginia, Montana, Arkansas, South Dakota, Colorado e North Carolina. In Louisiana si andrà al ballottaggio dal momento che nessun candidato è stato in grado di superare la soglia del 50% al primo turno. Ieri, frattanto, S&P 500 e Nasdaq hanno entrambi chiuso al negativo dopo che l’ennesimo calo nel prezzo del greggio ha trascinato al ribasso le azioni energetiche e le previsioni di guadagno di Priceline si rivelavano piuttosto insoddisfacenti. Il settore energetico di S&P 500 ha ceduto qualcosa come l’1,9%, Energy Select Sector SPDR ETF il 2,1% e Chevron Group l’1,2% fino a toccare quota 115,37 dollari ad azione.
Il Dow ha chiuso lievemente al rialzo anche se non è stato in grado di rompere al di sopra della sua chiusura-record di venerdì. Mentre il mercato è riuscito a riprendersi dopo essere incappato in una recente ondata di vendite, il settore energetico è ancora sotto pressione per via del calo registrato nei prezzi del greggio. Quello statunitense ha toccato il minimo degli ultimi 3 anni in particolare dopo che l’Arabia Saudita ha deciso di tagliare i prezzi delle esportazioni energetiche negli Stati Uniti. Il greggio si è ribassato di circa il 30% dopo gli ultimi picchi al rialzo.
Come se non bastasse, ad alimentare i timori circa la debole crescita globale ci si è messa anche la Commissione Europea, che sostiene che l’Eurozona necessiterà di un altro anno ancora prima di poter stampare una crescita economica anche solo modesta. Un rapporto riservato di Reuters afferma che i banchieri centrali di Eurolandia intendono sfidare la leadership del numero uno Bce Mario Draghi. Frattanto, le stime della Commissione UE relative alla crescita globale sono state ribassate al +0,8%, cosa che ha impattato negativamente sui mercati azionari europei benché i guadagni attesi siano stati capaci di mantenerli in territorio positivo sino alla chiusura della sessione del martedì.