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Standard & Poor’s declassa l’Italia: la situazione

Da
Lorenzo Cuzzani
Pubblicato: Dec 9, 2014, 19:24 GMT+00:00

Standard & Poor's si ripete, declassando l'Italia a livello BBB-, un livello appena sopra la soglia “junk”, spazzatura. Questo perché già a giugno si

Standard & Poor’s declassa l’Italia: la situazione

Standard & Poor's declassa l'Italia: la situazione

Standard & Poor’s si ripete, declassando l’Italia a livello BBB-, un livello appena sopra la soglia “junk”, spazzatura.
Questo perché già a giugno si era espressa quasi nei medesimi termini (BBB), ma, aveva sospeso il giudizio per permettere al governo Renzi, insidiatosi da solo 2 mesi, di avviare riforme che consentissero al paese una ripresa economica, ma soprattutto, un miglioramento di un sistema usurato, deficitario e fallimentare, che aveva portato un giudizio così severo.

Passati sei mesi, la situazione è peggiorata, portando S&P a motivare una valutazione così negativa a causa di un “forte aumento del debito, accompagnato da una crescita perennemente debole e bassa competitività”, aggiungendo come il rating BBB sia “non più compatibile” e che l’aggravarsi delle condizioni economiche stia “minando la sostenibilità del debito pubblico”.
Un debito pubblico molto alto, che, prosegue l’outlook, “sarà’ pari a 2.256 miliardi di euro entro la fine del 2017, cioè 80 miliardi di euro in più (o il 4,9% del PIL previsto per il 2014) delle nostre stime di giugno”.
In termini percentuali, S&P prevede che il debito salga dal 123,9% del 2014 al 127% del 2015 al 127,4% del 2016 per poi ridiscendere lievemente al 126,8% nel 2017.

Una valutazione così pessimsta, che rifletta la revisione al rialzo della stima del debito pubblico, non stigmatizza completamente la situazione italiana, dal momento che la stessa agenzia si aspetta riforme strutturali dal governo Renzi, tali per cui il paese possa riacquistare competitività economica, mantenendo livelli di spesa sufficienti a contrastare l’eccesso di debito. A questo proposito, si pone “l’aspettativa che il governa riuscirà a implementare gradualmente delle riforme di bilancio e strutturali complessive e potenzialmente favorevoli alla crescita” e che “i bilanci delle famiglie resteranno abbastanza forti da assorbire ulteriori aumenti del debito pubblico”.

Nonostante questa fiducia, sottolineata da una consapevolezza sull’effettività della riforma italiana sul lavoro, “prendiamo atto che il premier Renzi ha fatto passi avanti col Jobs Act”, l’agenzia non è convinta dell’efficienza della stessa, sottolineando come “non crediamo che le misure previste creeranno occupazione nel breve termine”, aggiungendo che i “decreti attuativi” della riforma potrebbero “essere ammorbiditi” e ciò “potrebbe accadere alla luce di una opposizione crescente”.
Sebbene fonti del governo, riportate dall’agenzia Radiocor, vedrebbero nelle considerazioni di S&P sulla riforma del lavoro “elementi positivi e non una bocciatura del Jobs act”, aggiungendo che “le riforme vanno bene ma bisogna procedere più spediti”, appare chiaro come un giudizio così ostile sull’economia italiana affossi il tenore della stessa, inficiando quella credibilità finanziaria necessaria per incentivare ogni genere di investimento, allontanando non solo potenziali investitori stranieri, ma anche nazionali, col rischio di un ulteriore spostamento di capitali al di fuori del Bel Paese, con la conseguenza di diminuire ancor di più il flusso dell’economia reale.

Un’ancora di salvezza potrebbe essere costituita dalla politica monetaria della BCE, che “continuerà ad aiutare una normalizzazione dell’inflazione in Italia e dei suoi partner europei”; per quanto riguardi la tenuta sui mercati del debito italiano, questa sarebbe favorita dalle aspettative per nuove mosse espansive dell’Eurotower, attraverso il -quantitative easing-, ovvero l’acquisto diretto di titoli di stato: aspettative all’origine del recente abbassamento di tassi e spread.

Un’apertura all’Italia è arrivata dall’Austria, ad opera del governatore dell’omonima banca, Ewald Nowotny, dalle cui parole è possibile evincere come criticità sistemiche e sovranazionali siano alla base del recente momento di difficoltà dell’Eurozona, ammettendo che la congiuntura della stessa stia registrando un “massiccio rallentamento” con l’inflazione che stia scendendo verso “livelli molto delicati” a causa del persistente calo dei prezzi dell’energia.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

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