Il dollaro Usa continua a lievitare sino a nuovi massimi grazie alla decisione dei paesi Opec della scorsa settimana. L’intero mercato è festa: valute,
Per quanto riguarda le valute, le divise asiatiche sono scambiate al ribasso contro il dollaro Usa. L’indice DX ha continuato a crescere anche stamattina contro la gran parte delle sue controparti valutarie, portandosi al di sopra del livello 88 per essere scambiato a 88,35. L’euro viaggia invece a 1,2444.
I dati economici rilasciati stamattina dalla Cina si sono rivelati tutt’altro che favorevoli, rischiando di incrementare la volatilità su sterlina ed euro. Nel corso del pomeriggio sarà la volta degli indici PMI manifatturieri per Gran Bretagna, paesi europei ed Eurozona. L’indice PMI manifatturiero cinese è calato di 0,5 punti sino a 50,3 dopo esser cresciuto sino a 50,8 nel corso di novembre. La lettura finale per il mese corrente dell’indice PMI manifatturiero curato da HSBC è rimasta invece invariata a quota 50.
Lo yen giapponese continua a cedere terreno, scambiato stamattina in ribasso di 28 punti mentre il cross USD/JPY lievitava sino a toccare un nuovo Massimo-record a 118,89. La divisa nipponica è scambiata invece a 147,99 contro l’euro. Sia negli Stati Uniti che in Giappone si dà per scontato che il primo ministro Abe si manterrà al potere soprattutto perché l’opposizione è troppo debole per poter pensare di insidiarne la presa sul potere sulla Dieta giapponese; inoltre, una formidabile disparità fra preferenze elettorali e peso in Parlamento favorisce il suo stesso partito. Il tentativo del premier Abe di rimettere in moto l’economia del paese adottando misure di stimolo monetarie senza precedenti ha fatto precipitare lo yen al minimo degli ultimi 7 anni contro il dollaro Usa, benché il Giappone sia infine scivolato in recessione per la quarta volta dal 2008. Il deprezzamento della valuta ha determinato una riduzione nei profitti delle società attive nel comparto dei latticini, peraltro già in difficoltà per le importazioni di formaggi e latte proprio mentre il governo sta negoziando una serie di accordi di libero scambio che, stando alla versione ufficiale, permetteranno di incrementare l’offerta e di calmierare i prezzi.
A seguito della pubblicazione dei dati economici cinesi, stamattina l’Aussie e il Kiwi hanno toccato nuovi minimi per essere scambiati rispettivamente a 0,8446 (in ribasso di -56 punti) e 0,7808 (in ribasso di -34 punti). Entrambi i paesi sono due importanti partner commerciali della Cina: sia il dollaro australiano che quello neozelandese dovrebbero deprezzarsi ulteriormente nel corso della settimana dal momento che il calo del greggio ha alimentato i timori circa una bassa inflazione, mentre il rafforzamento dell’economia statunitense spinge al rialzo il dollaro Usa. La banconota verde si è mossa al rialzo per il quinto mese di fila grazie a una serie di dati che giorno dopo giorno certificano il miglioramento dell’economia del paese. La banconota verde potrebbe ricevere un nuovo impulso già questa settimana, con la pubblicazione (venerdì) del rapporto sulle buste paga non-agricole statunitensi che dovrebbe evidenziare come nell’ultimo mese siano stati creati più posti di lavoro rispetto a quello precedente. A novembre gli impieghi dovrebbero essere cresciuti di 228mila unità dai +214mila di ottobre, stando a quanto ha rivelato un’indagine condotta da Bloomberg News.
Tutto ciò non fa che stridere con le difficoltà crescenti di buona parte delle restanti economie globali. In settimana si riuniscono le banche centrali di Eurozona, Regno Unito, Canada, Australia, Brasile e Messico.