Ieri i mercati globali hanno reagito positivamente a una serie di dati Usa migliori delle attese. Precedentemente (venerdì), il presidente Fed Yellen era
Ieri il dollaro Usa ha guadagnato oltre l’1% contro le sue principali controparti valutarie alimentando la sua striscia di chiusure con segno positivo e soprattutto beneficiando degli ultimi dati economici che rendono sempre più concreto il primo rialzo dei tassi nel corso del 2015. Il biglietto verde ha toccato il massimo degli ultimi 8 anni contro lo yen giapponese e ha spinto l’euro (già in difficoltà per via della crisi finanziaria greca) al di sotto di quota 1,09$ per la prima volta in un mese. L’euro è caduto a 1,0850$ mentre è sempre più vicino il 5 giugno, data in cui la Grecia dovrà ripagare la sua prima tranche di aiuti. La Repubblica ellenica deve infatti restituire 1,6 miliardi di euro al Fmi, di cui 300 andranno a scadenza nel corso di giugno. Il fatto che la prospettiva di un prossimo rialzo dei tassi Usa abbia portato a un rafforzamento del dollaro ha finito per indebolire ulteriormente la valuta europea.
Lo yen giapponese, che ha rotto il range a 123 mentre il dollaro Usa prosegue la sua ascesa, si è lievemente deprezzato nel corso della sessione asiatica dopo la pubblicazione da parte della BoJ dei verbali della sua ultima riunione di politica monetaria. Da questi si evince che secondo le autorità dell’istituto nipponico i consumi privati si mostreranno resilienti alla ripresa dei salari, mentre sarà molto complesso raggiungere il target inflattivo al 2%. Inoltre, alcuni membri dell’istituto sono convinti che l’inflazione da prezzi al consumo non raggiungerà il target prima dell’anno fiscale 2017, pur riconoscendo il miglioramento occorso nelle prospettive inflattive di lungo periodo. La BoJ è convinta che l’inflazione rientrerà nel target nel corso dell’anno fiscale 2016; i verbali confermano che secondo la maggioranza dei membri della banca centrale sarà effettivamente così.
Ieri la sterlina ha perso lo 0,2% dopo che le parole di Janet Yellen hanno provocato il rafforzamento del dollaro e acuito la pressione sulla valuta britannica. Perdite peggiori sono state evitate grazie alla bassa volatilità di mercato e alla debolezza dell’euro. La sterlina ha toccato un minimo di metà sessione a 1,5454 dopo che venerdì era parsa in procinto di realizzare la peggiore performance delle ultime tre settimane: il rialzo oltre alle attese della lettura core dei prezzi al consumo Usa relativa al mese di aprile aveva infatti aumentato le possibilità di vedere un’inflazione al 2% (target ufficiale della Fed). Se il miglioramento del quadro economico Usa dovesse infatti proseguire, l’istituto centrale statunitense potrebbe prendere in considerazione la possibilità di intervenire sui tassi entro la fine dell’anno, mossa che gioverebbe sensibilmente alle quotazioni del dollaro. Precedentemente, la sterlina si era mossa verso il massimo degli ultimi sette anni contro un paniere composto dalle sue principali controparti valutarie trainata da dati economici favorevoli che confermano le tesi di quanti asseriscono che l’economia britannica sta surclassando quelle dei suoi vicini.