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Post Annuncio Trump: Rivedremo il Greggio a 100$ al Barile ?

Da:
Armando Madeo
Aggiornato: May 15, 2018, 11:52 UTC

Il traguardo sembra ora raggiungibile e molti analisti iniziano ad alzare l’asticella. Molto dipenderà dall’impatto delle sanzioni sulla produzione di greggio e dai conflitti in Medio-Oriente

Petrolio

Dopo l’annuncio il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump passa ai fatti incaricando gli uffici competenti al fine di ripristinare le sanzioni e tagliare le importazioni di greggio dall’Iran. Il Dipartimento di Stato ha già lavorato sulle sanzioni per il Venezuela, sulle dispute commerciali con la Cina e sta lavorando sui negoziati con la Corea del Nord; è insomma chiaro che mai come durante l’Amministrazione Trump ci sia stato tanto lavoro per il Bureau che si trova a gestire ora tante situazioni internazionali che posso avere effetti importanti nello scacchiere geopolitico mondiale.

Questa volta però sarà difficile gestire la questione Iraniana, data la forte opposizione dei principali leader Europei che stanno tentando di ostacolare l’applicazione delle sanzioni.  In caso di successo, le sanzioni cancellerebbero le esportazioni di uno dei principali fornitori dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC) e probabilmente aumenterebbero i prezzi del greggio a livello mondiale, costringendo gli acquirenti a competere per forniture alternative. I prezzi del greggio sono infatti già stabilmente sopra i 70 dollari al barile e potrebbero salire facilmente in caso di riduzione dell’export iraniano.

Nel caso delle sanzioni applicate dal ex Presidente Obama, le esportazioni iraniane di petrolio crollarono da circa 2,5 milioni di barili al giorno (bpd) a meno di 1,3 milioni di bpd, secondo l’US Energy Information Administration. Quelle sanzioni però erano condivise e vi fu un grosso lavoro affinché anche i governi dell’Asia e del Medio Oriente condividessero quelle sanzioni. Ora in pochi condividono l’operato di Trump e per questa ragione ci vorrà molto più tempo prima che le sanzioni sortiscano l’effetto sperato e soprattutto non è detto che siano efficaci come nel 2012.

Per questo e per altri motivi l’OPEC non ha fretta di decidere se compensare il calo di esportazioni dell’Iran, spalmandolo sugli altri paesi produttori, affermando che ogni eventuale perdita dell’offerta richiederà tempo. L’Iran pompa circa il 4% del petrolio mondiale ed esporta circa 450 mila barili al giorno in Europa e circa 1,8 milioni di barili in Asia.

Nei giorni successivi all’annuncio l’Arabia Saudita ha già strizzato l’occhio agli Stati Uniti, lasciando intendere di essere pronta a compensare l’eventuale mancato import di barili provenienti dall’Iran; d’altro canto gli Americani chiedono che venga evitato un aumento spropositato dei prezzi del greggio che potrebbe essere dannoso e controverso. (fonte Reuters).

Tra gli istituti che maggiormente vedono i prezzi sopra i 100 dollari al barile vi è “Bank of America”, la quale vede fra un anno il concretizzarsi di questa possibilità dato il declino in Venezuela e le potenziali perdite in Iran. La banca, secondo il suo portavoce Merrill Lynch, vede già concretamente il Brent poter toccare i 90 dollari al barile nel Q2 del 2019, riservandosi di correggere lo scenario nel caso in cui l’OPEC aumenti la produzione.

Nel frattempo la produzione di olio di scisto è più che mai florida negli Stati Uniti, con il bacino Permiano che potrebbe superare la capacità stessa che i gasdotti hanno di trasporto del petrolio, pari a 750 mila barili al giorno, entro Settembre 2019.

Sull'Autore

Giornalista pubblicista indipendente iscritto all’ODG Campania con laurea Magistrale in Biologia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Classe 1988, svolge attività di trading part-time con una passione per gold, silver, oil e le valute ad essi correlate.

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