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PMI: Dalla Crisi al Credit Crunch

Da
Lorenzo Cuzzani
Pubblicato: Oct 30, 2014, 21:11 GMT+00:00

Era ipotizzabile che la crisi portasse a conseguenze devastanti. Com'era prevedibile che le banche si cautelassero in un momento dove la stretta del

PMI: Dalla Crisi al Credit Crunch

PMI: Dalla Crisi al Credit Crunch
Era ipotizzabile che la crisi portasse a conseguenze devastanti. Com’era prevedibile che le banche si cautelassero in un momento dove la stretta del credito sembrava loro l’unico strumento in grado di garantirsi contro la situazione contingente. Considerazioni probabilmente giuste, ma a farne le spese, in una realtà di recessione come quella degli ultimi 5 anni, sono state le PMI.

Le stesse PMI che da sempre hanno trainato la nazione e creato posti di lavoro, occupazione e volume economico. Lo stesso motore del paese, che ha visto la propria produzione e le proprie opportunità subire un taglio traumatico.
Parlando di numeri, affidandosi alle stime effettuate dall’Ufficio della Cgia, non può non colpire il tracollo del settore artigianato, che nei cinque anni intercorrenti tra il 2009 e i primi 9 mesi del 2014, ha perso oltre 91 mila imprese, cui la metà attiva al Nord, con la Lombardia a guidare la graduatoria negativa (-12.496 imprese), seguita da Emilia Romagna (-11.719), Veneto (-10.944) e Piemonte (-8.962).

I settori maggiormente colpiti sono stati quelli relativi alla costruzione e installazione di impianti (-42.444), seguiti dalle attività manifatturiere (-31.256) e dal comparto carrozzieri e autofficine (-15.973). Per converso, si è registrata una crescita per servizi alla persona (parrucchieri, estetiste, massaggiatori, etc.) con un saldo pari a + 1.405 attività, per gelaterie e pasticcerie, con +5.579 imprese e per attività di pulizia/giardinaggio, con + 10.497 aziende artigiane.
Si evince come la professionalità, tutta italiana, nel lavoro manuale e nella cura dei dettagli, anche i più piccoli, sia un profilo non indifferente per una riflessione sugli indicatori economici da tenere in considerazione.

Alla crescita appena descritta, si contrappone l’insieme di motivazioni per le quali le PMI non riescano a costituire insieme omogeneo, alla cui crescita di alcune si accompagni il fallimento di altre. Le cause di criticità così severe sono molteplici, ma seguendo ancora l’analisi della Cgia, possono essere stigmatizzate principalmente in tre tipi.

Il primo è sicuramente l’aumento di costi di forniture come energia elettrica e gasolio, aumentati nel quinquennio 2008-2013 di rispettivamente il 21% e il 23,5%. Costi ulteriori che si sommano ai ritardi negli incassi dalla Pubblica Amministrazione, ritardi che hanno allungato i pagamenti ai propri fornitori con evidenti ripercussioni sul sistema.

Il secondo fattore catalizzatore è la stretta del credito (credit crunch): dall’inizio della crisi, gli affidamenti bancari alle imprese con meno di 20 addetti sono diminuiti del 10%. In termini assoluti alle micro imprese sono stati tagliati 17 miliardi di euro di impieghi.
Prendendo in esame un periodo più breve, vale a dire il triennio dall’agosto 2011 arrivando ad agosto di quest’anno, è possibile osservare come i prestiti bancari alle imprese italiane siano diminuiti di 89 miliardi di euro, vale a dire del’8,9%. Ad enfatizzare la questione ammonendo sulla gravità della stessa, è intervenuto Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia, sostenendo come “Nella storia recente del nostro Paese non si era mai verificata una contrazione del credito alle imprese così vigorosa. E dopo i risultati emersi dallo stress test voluto dalla Bce, la situazione potrebbe addirittura peggiorare”.

Prosegue Bortolussi: “Questo si spiega con l’aumento della patrimonializzazione degli istituti di credito che ha comportato una forte riduzione degli affidamenti a danno soprattutto delle piccole e piccolissime imprese, che da sempre, sono sotto capitalizzate e a corto di liquidità. Con il pericolo che molte attività scivolino verso la rete degli usurai”.
Per concludere la disamina, il segretario spiega che “molte imprese sfiancate dalla crisi e sempre più in difficoltà non sono riuscite a restituire i prestiti bancari ricevuti e ciò ha bloccato il mercato del credito.”

Come epilogo nell’analisi dei fattori che hanno causato l’odierna situazione, non rimane che il terzo ed ultimo, costituito da tasse e costi burocratici. Il carico fiscale supera ampiamente il 50%, mentre la burocrazia pesa sulle imprese italiane 31 miliardi di euro l’anno, gravando su ogni singola impresa 7 mila euro annui.
In una situazione del genere, appare palese come un settore così importante per l’economia nazionale possa perdere, non a causa propria, quella fiducia conquistata meritatamente in decenni di duro lavoro, danneggiando anche il volume d’affari che ha sempre alimentato a sviluppare.

Sull'Autore

Lorenzo Cuzzanicontributor

Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.

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