Giovedì la maggior parte dei titoli azionari in Europa, dopo aver alternato nel corso del pomeriggio fasi positive e negative, ha chiuso poi in ribasso.
L’oro venerdì ha perso quanto guadagnato in un rally di quattro giorni, quando si accingeva a registrare la migliore settimana delle ultime quattro mesi, in corrispondenza di un crollo delle borse e un aumento del timore per l’economia globale che ha spinto gli investimenti verso i beni rifugio. I titoli di Wall Street giovedì sono precipitati del 2% spinti al ribasso dai timori per la crescita economica globale, mentre prezzi del petrolio sono scesi al minimo degli ultimi due anni. Gli ultimi dati sull’economia statunitense indicano un rafforzamento, mentre i dati deludenti dalla Germania, la più grande economia europea, fanno temere una possibile recessione nell’eurozona. Anche l’indebolimento del dollaro, che si appresta a segnare una serie di 12 settimane su terreno positivo, ha contribuito a sostenere il prezzo dell’oro. Quando il dollaro si muove su terreno positivo gli investitori tendono a disinvestire da beni privi di interessi alla ricerca di maggiori rendimenti altrove.
La flessione del dollaro Usa ha contribuito a sostenere i prezzi delle materie prime, ma il petrolio sembra essersene avvantaggiato. Il Brent ieri è salito dello 0,2% restituendo poi questa mattina 63 centesimi e attestandosi a 88,40, mentre WTI è sceso dell’1,8% raggiungendo quota 84,10, il livello minimo da parecchi anni; intanto peggiorano le proiezioni sull’economia europea e il picco di riserve di petrolio pesa sui mercati dell’energia. I dati indicano che nel mese di agosto la Germania, l’economia numero uno in Europa, ha sperimentato la maggiore contrazione nelle esportazioni dai tempi della crisi finanziaria. Per quanto riguarda la Cina, un’indagine della Reuters prevede che la debole domanda interna probabilmente mese di settembre potrebbe aver rallentato le importazioni, gli investimenti e le vendite al dettaglio ai minimi degli ultimi mesi o degli ultimi anni nel. I notiziari segnalano che la Cina sta comprando più petrolio: la PetroChina, società di proprietà dello Stato, dopo appena sei giorni di scambi questo mese avrebbe immagazzinato l’equivalente di 17 cargo di 500.000 barili di petrolio greggio ciascuno provenienti dal Medio Oriente.