In vista dell’apertura della riunione Fed di quest’oggi, gli indici asiatici muovono in ribasso mentre Wall Street è ancora impantanata nella pessima
I dati economici Usa rilasciati lunedì si attestano al di sotto delle attese, benché non al punto da risultare insoddisfacenti. L’indice di attività manifatturiera Empire State è lievitato a 27,5 nel mese di settembre dal 14,7 di agosto; il tasso di utilizzo della capacità produttiva è sceso ad agosto al 78,8% dal 79,1% di luglio contro un’attesa del 79,3%; ancora in agosto, la produzione industriale si è contratta dello 0,1% e quella manifatturiera dello 0,4%, dopo che a luglio quest’ultima si era espansa del +0,7%.
L’indice DX si mantiene ancora al di sopra di 84,00 pur avendo toccato ieri il suo nuovo minimo. La sterlina britannica è invece scambiata piatta a 1,6239 con i trader focalizzati sul referendum per l’indipendenza della Scozia. L’euro si è invece apprezzato nei confronti della banconota verde, scambiato a 1,2949. Per quanto riguarda le valute asiatiche, la maggior parte di esse si muove in rialzo sfruttando il momento di debolezza del dollaro. L’Aussie ha recuperato 7 punti ed è scambiato a 0,9035, mentre il kiwi ne ha guadagnati 4 e si attesta a 0,8180.
I trader stanno facendo i conti con una gran messe di notizie, a partire dal rapporto OECD che ha rivisto in ribasso le stime di crescita globali e dalle dichiarazioni dei vertici delle banche centrali di Nuova Zelanda e Australia che hanno comunicato di voler rinnovare le proprie politiche di stimoli monetari. Per quanto riguarda la Reserve Bank of Australia, l’istituto continua a sostenere che la propria valuta si mantiene “al di sopra del proprio valore fondamentale” nonostante la scorsa settimana l’Aussie sia sprofondato contro il dollaro Usa rompendo al di sotto della maniglia dei 90 centesimi per la prima volta dallo scorso marzo. La fiducia dei consumatori ha intanto toccato il nuovo minimo mensile sebbene il tasso di disoccupazione si sia ridotto. Nella settimana conclusasi il 14 settembre, la fiducia dei consumatori australiani e neozelandesi si è contratta dell’1,8%.
Ieri l’OECD ha tagliato le proprie previsioni di crescita per i paesi G7, inclusi Giappone, Stati Uniti ed Eurozona. Nel suo rapporto economico, l’organizzazione parigina ha inoltre affermato che “l’elemento che desta le maggiori preoccupazioni riguardo al futuro” è la continua bassa crescita di Eurolandia, evidenziando che l’anemia della domanda aggregata si riflette nel calo dell’inflazione. Il rapporto OECD ha inoltre ridotto il tasso di crescita del Giappone per l’anno corrente, pur esprimendo tutto il proprio sostengo per il programma di stimolo della Banca del Giappone: maggiori preoccupazioni riguardano invece le politiche fiscali del governo Abe, e in particolare l’innalzamento dell’iva che starebbe deprimendo i consumi ben oltre le previsioni dell’esecutivo. Lo yen è intanto scambiato a 107,12, attestandosi in prossimità del minimo degli ultimi 6 anni contro il dollaro Usa.