Sui mercati asiatici permane l'avversione al rischio, con scarsa attenzione per il rialzo dei prezzi del petrolio. Lo yen ha continuato a muoversi in
La scorsa settimana, il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, ha dichiarato al The Wall Street Journal che i paesi dovrebbero evitare di “intervenire in modo arbitrario.” Per Suga, tali affermazioni sono state fraintese e non escludono la possibilità che il governo nipponico attui misure di intervento.
Con un rialzo dello 0,1% nella giornata di venerdì, che ha portato il cambio a 108,06¥ per un dollaro verso la chiusura della Borsa di New York — il massimo dall’ottobre del 2014 —, lo yen ha guadagnato l’11% sulla valuta statunitense nel corso dell’anno, segnando la migliore performance tra le valute asiatiche.
L’apprezzamento si è verificato nonostante l’aggressiva politica di allentamento quantitativo adottata dalla Banca del Giappone dal 2013, culminata a gennaio di quest’anno nell’introduzione dei tassi negativi per la prima volta nella storia.
Al momento, gli analisti stanno rivedendo le loro previsioni per l’andamento dello yen nel 2016. Con gli investitori che apparentemente ignorano il taglio dei tassi da parte della BoJ, molti ritengono che l’unica misura che potrebbe ostacolare il continuo apprezzamento dello yen sia un intervento diretto nel mercato da parte delle autorità nipponiche. Una simile mossa è soggetta ad altre questioni di difficile valutazione, come, ad esempio, le conseguenze che l’intervento di Tokyo potrebbe avere sugli altri paesi.
Il primo ministro Abe ha dichiarato al The Wall Street Journal che il paesi dovrebbero astenersi da “interventi arbitrari” e da “svalutazioni competitive”. Secondo quanto dichiarato da una persona informata sui fatti nella giornata di venerdì, tali affermazioni, che hanno sorpreso i mercati in attesa di toni più duri da parte del governo di Tokyo, riflettono probabilmente il desiderio di Abe di evitare frizioni con gli Stati Uniti.
L’indice dei prezzi alla produzione (Ipp) è sceso su base annuale per il quarantanovesimo mese consecutivo, registrando una riduzione del 4,3% che segna un tasso inferiore rispetto a febbraio. Secondo le previsioni della Reuters, l’Ipp doveva diminuire del 4,6% su base annua dopo il 4,9% di febbraio. Su base mensile, l’Ipp è salito dello 0,5%.
Poiché la prolungata diminuzione dell’Ipp riduce la liquidità di un settore industriale oberato dai debiti, gli economisti ritengono che la Banca Popolare Cinese tornerà a intervenire con nuove misure di allentamento monetario, probabilmente tagliando i tassi di interesse e il tasso sui depositi.
Il rapporto sull’inflazione, pubblicato nella giornta di lunedì, è soltanto uno dei molti dati sulla Cina che verranno diffusi nel corso di questa settimana e che dovrebbero dare conferma della necessità di attuare nuove misure di stimolo monetario e di bilancio.
Secondo il China Foreign Exchange Trading System, nella giornata di lunedì, lo yuan si è mosso in rialzo di 84 punti per venire negoziato a quota 6,4649.