La risposta europea alla manovra italiana è arrivata. Una risposta solo parziale, però; una lettera con cui Bruxelles rende chiara la propria diffidenza
Prosegue con: ”Secondo le nostre analisi preliminari – sulla base del ricalcolo da parte dei servizi della Commissione usando la metodologia comune concordata – l’Italia programma una deviazione significativa dalla strada di aggiustamento richiesta verso i suoi obiettivi di medio termine nel 2015, basata sul cambiamento programmato dell’equilibrio strutturale. Per di più, il cambiamento programmato nell’equilibrio strutturale per il 2015 farebbe anche venir meno il cambiamento richiesto per assicurare l’aderenza alle regole transitorie sul debito, dal momento che questo requisito è ancora più stringente della strada di aggiustamento richiesta verso gli obiettivi di medio termine”.
Prevedibile, o quasi, una reazione di questo tipo dalla Commissione, anche considerando quanto l’istituzione comunitaria abbia da sempre utilizzato criteri stringenti in ogni ambito, specie quello economico, ai limiti della tassatività. Il Patto di Stabilità è figlio proprio di un simile orientamento.
Quel Patto di Stabilità non compromesso secondo il Premier Renzi, che, interpellato ieri sera da giornalisti durante una pausa del consiglio UE, ha risposto in maniera ferma, chiarendo quale sia il centro del dibattito in questione: “Si tratta di fare una valutazione più politica che tecnica su chi decide cosa. Domani (oggi, ndr), i paesi cercheranno di capire se valutano tutti nello stesso modo le tre espressioni che vengono oggi utilizzate dalla Commissione nell’esame delle leggi di bilancio nazionali: -circostanze eccezionali-, -riforme strutturali- e -significativa deviazione- dagli obiettivi di bilancio previsti. Siamo assolutamente disponibili al livello tecnico a ragionare, a discutere e a trovare le soluzioni; ma la questione è chi decide che cosa”.
Se da una parte il Premier non si è soffermato su numeri, cifre o valutazioni di carattere tecnico, da fonti interne a Bruxelles, emerge come possa essere trovata un’intesa tra l’Italia e l’UE sulla finanziaria, correggendo il valore del deficit strutturale previsto dalla legge di Stabilità dello 0,1% allo 0,3%; sensazione confermata dallo stesso Renzi, il quale, al termine del Consiglio europeo, commenta: “chiuderemo a quello che sapete”.
La partita tra l’Italia e l’Europa si gioca anche sul campo della trasparenza, altro ambito in cui non sono mancate polemiche che sicuramente hanno inasprito ancor di più l’equilibrio europeo, rendendo palese un’ennesima difformità di valutazioni tra l’Unione e i suoi stati membri.
Ad alimentare questo clima di tensione ci ha pensato il presidente della Commissione, Juan Manuel Barroso, criticando la scelta del governo italiano di pubblicare la lettera del commissario Katainen sul sito del Mef, sottolineando come “La Commissione non voleva quella pubblicazione perché stava portando avanti consultazioni delicate che devono necessariamente avvenire in un clima di riservatezza e fiducia reciproca. Il ministero dell’Economia ha avvertito il vicepresidente Katainen ma se volevamo la pubblicazione l’avremmo diffusa noi la lettera”
L’opposta linea di pensiero italiana risalta proprio dalla posizione del Premier e del Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, entrambi sicuri che il clima di incertezza possa essere rasserenato solamente da una limpidezza che non ammetta eccezioni.
Così Renzi:”Da oggi bisogna voltare pagina. Ogni dato sensibile dev’essere pubblicato”, l’Italia chiederà che non ci sia più ambiguità e che “vengano pubblicate anche tutte le spese dei palazzi” delle istituzioni europee. Continuando:”è finito il tempo delle lettere segrete”, ora è “il momento momento della trasparenza e della chiarezza. L’open data sarà totale, noi vogliamo che sia chiaro tutto quello che viene da Bruxelles”.
Così Padoan: “Io mi stupisco per lo stupore. Abbiamo fatto un atto di trasparenza” per “evitare sul nascere le più fantasiose speculazioni”.
Emerge in maniera chiara come esigenze che dovrebbero essere comuni e direzionate al medesimo obiettivo, almeno superficialmente divergano in metodologie e criteri. Prendendo in prestito ancora una volta le parole del Premier, quando afferma che “l’Italia ogni hanno dà 20 miliardi all’Europa e ne prende una decina”, aggiungendo “è un paese che ha forza e autorevolezza, che non viene qui a prendere né lezioni né reprimende”, si può considerare come una nazione importante abbia abdicato alla propria sovranità in virtù di un organismo comunitario, che ha tutto l’interesse a mantenerla nell’Unione, stante proprio il contributo sostanziale che riceve dalla stessa.
Ascoltati anche i recenti ammonimenti della cancelliera Merkel, la quale invita l’Italia a rispettare gli accordi presi e a rispettare il Patto di Stabilità, si prende sempre più coscienza di quanto non ci sia proporzione tra gli interessi nazionali e quelli sovranazionali, con il problema sistemico che finché i primi non saranno quantomeno parzialmente soddisfatti, difficilmente si addiverrà all’adempimento dei secondi.
L’Italia serve all’Europa, ma finché non sarà dissipata questa atmosfera di contrasto e le sarà dato modo e possibilità di costruire e raggiungere un equilibrio strutturale, è arduo pensare che entrambe possano trarre beneficio dalla situazione contingente. Segnali di questo tipo, tradendo incertezza, non sono positivi neanche per i mercati.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.