Gli indici azionari europei aprono la sessione in rialzo sull’onda del cessate-il-fuoco siglato ieri in Ucraina orientale, benché permangano ancora delle
Diversi investitori sono fiduciosi circa la possibilità che quest’oggi la Bce voglia adottare nuove misure di stimolo monetario. Ieri l’indice FTS Eurofirst 300 è lievitato dello 0,7%, mentre la controparte britannica FTSE dello 0,7%. L’indice S&P 500 ha invece segnato un nuovo record di metà sessione prima di chiudere lievemente in ribasso. Anche il Dow si è mosso fortemente in rialzo, chiudendo quasi in prossimità del nuovo massimo. Il NASDAQ ha invece chiuso la sessione di ieri lievemente in ribasso dello 0,6%.
Ieri i dati economici Usa hanno stampato una raffica di letture più che positiva, confermando la solidità della ripresa statunitense benché il Beige Book della Fed, pubblicato ieri, parli di un’economia statunitense che nello scorso mese è cresciuta ad un ritmo “moderato”. In realtà, nel gergo-Fed moderato significa “sostenuto”. Fra gli altri dati economici, le vendite di autovetture hanno toccato i 17,4 milioni su base annua ad agosto, ben al di sopra della previsione di 16,6 milioni. A luglio gli ordinativi industriali sono lievitati del 10,5%, poco al di sotto della previsione di +11%. Nell’ultima settimana le vendite delle catene all’ingrosso sono cresciute del 4,9% su base annua, superando il 4% della scorsa settimana. Ad agosto l’indice ISM di New York è passato al 648 dal 644 del mese precedente. Così, le buste paga non-agricole di domani potrebbero essere l’ultimo anello di una serie di dati più che positivi che potrebbero costringere all’azione Janet Yellen e il Fomc (oppure, quantomeno, prendere in considerazione la possibilità di un ritocco verso l’alto dei tassi). Il rapporto sulle buste paga non-agricole di domani sarà uno degli eventi più importanti dell’intero mese.
Ieri il dollaro Usa si è mosso in ribasso ed è scambiato piatto stamattina con i trader che hanno preferito portare a casa un po’ di profitti dopo l’ultimo balzo della banconota verde oltre il livello di prezzo 83. La divisa statunitense si mantiene comunque ben salda a 82,88. Ieri l’euro è lievitato da 1,3125 a 1,3160, prima di chiudere la sessione statunitense in prossimità di quota 1,3145. Il dollaro australiano è invece passato da 0,9285 a 0,9352, in particolar modo dopo che i dati sulle vendite al dettaglio hanno centrato le aspettative e le performance commerciali del paese hanno fatto segnare un incremento nelle esportazioni. Lo yen si è mosso invece in ribasso, passando da 105,12 a 104,83 dopo che la Banca del Giappone ha dato stamattina notizia di voler mantenere inalterata la propria politica monetaria assieme ai tassi d’interesse. Com’era nelle previsioni, il comitato presieduto dal governatore Haruhuko Kuroda ha votato all’unanimità di lasciare invariata la politica monetaria dell’istituto. La BoJ continuerà dunque a fare acquisti annui per 60-70 trilioni di yen (oltre 572 miliardi di dollari Usa) in titoli di Stato – per una quota che incide al 70% sulle emissioni di titoli giapponesi, così come di altri asset, al fine di inondare l’economia nipponica di liquidità e tentare di sradicare la decennale deflazione. La decisione di lasciare inalterata la politica monetaria dimostra la fiducia dei vertici monetari nella possibilità di raggiungere il target inflattivo del 2% già nel corso del prossimo anno, nonostante lo scetticismo montante degli economisti indipendenti.