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Le valute asiatiche viaggiano in territorio positivo

Da
Barry Norman
Aggiornato: Jan 30, 2015, 18:53 GMT+00:00

Stamattina, nel venerdì che è anche l’ultima sessione di gennaio, il Giappone ha rilasciato la solita serie di dati economici mensili. Il JPY ha

Le valute asiatiche viaggiano in territorio positivo

Le valute asiatiche viaggiano in territorio positivo
Stamattina, nel venerdì che è anche l’ultima sessione di gennaio, il Giappone ha rilasciato la solita serie di dati economici mensili. Il JPY ha guadagnato sia contro il dollaro sia contro l’euro, con il cross USD/JPY in ribasso di 24 punti a 118,07 e il cross EUR/JPY in ribasso di 21 punti a 133,70. I dati economici hanno rivelato che la produzione industriale è riuscita a risollevarsi su base mensile (sia pur lievemente) pur mancando le previsioni di mercato. Il tasso di disoccupazione si è ridotto, benché l’indice IPC ha disatteso anch’esso le aspettative. Gli indicatori pubblicati stamattina evidenziano che nel mese scorso il tasso di crescita dell’inflazione si attestava al 2,5%, in ribasso dal 2,7% di novembre. Considerato l’impatto degli inasprimenti fiscali, si tratta di un incremento del +0,5% su base annua e dunque ben distante dal +2% che costituisce il target inflattivo della Banca del Giappone (Boj) e che l’istituto nipponico prevedeva di poter raggiungere ad aprile, con la conclusione dell’anno fiscale. In precedenza, la Boj aveva già rivisto in ribasso l’outlook inflattivo a causa del crollo dei prezzi del petrolio che rende sempre più complesso sollevare la crescita dei prezzi sino al +2%. La mossa ha alimentato le voci secondo cui l’istituto sarà costretto a espandere ulteriormente il suo già gargantuesco programma di stimoli monetari. A dicembre la lettura core dell’indice IPC ha rallentato per il 5° mese di fila, mentre il ministro degli Interni affermava che la spesa delle famiglie su base annua si è contratta oltre le attese (-3,4%).

Sempre sui mercati asiatici, il dollaro australiano ha guadagnato 28 punti ed è scambiato in rialzo a 0,7788 dopo il brusco calo di questa settimana. Ieri l’Aussie era letteralmente crollato fino a toccare il nuovo minimo degli ultimi 5 anni e mezzo per via dell’ennesimo calo delle materie prime.

Nel corso della notte si sono mosse in ribasso tutte le valute legate alle materie prime – dollaro neozelandese, dollaro canadese e dollaro australiano, facendo persino peggio di quelle europee.

La prossima settimana si riunisce la Reserve Bank of Australia: secondo gli analisti c’è un 50% di probabilità che l’istituto finirà per tagliare i tassi e che a marzo si assisterà a un taglio ancora più deciso. Tre delle quattro maggiori banche sostengono che la Rba finirà per ridurre ulteriormente i tassi, anche se non ci si aspettano mosse particolarmente eclatanti prima di marzo.

Il Kiwi è riuscito a prendere la scia dell’Aussie e stamattina ha guadagnato 12 punti sino a 0,7280. In precedenza, il dollaro neozelandese aveva toccato il nuovo minimo degli ultimi 4 anni e mezzo per via delle voci sempre più insistenti secondo cui la banca centrale neozelandese avrebbe ridotto anch’essa i tassi, tanto più dopo che il governatore Wheeler ha ammesso che l’inflazione rimarrà bassa più a lungo di quanto inizialmente preventivato e che i tassi si potrebbero muovere di conseguenza.

La dichiarazione Fed di mercoledì scorso (l’istituto pazienterà fino a che non sarà giunto il momento di rialzare i tassi) non è stata in grado di mettere in moto sommovimenti particolari all’interno del mercato. Sempre più investitori ritengono che la banca centrale statunitense effettuerà il primo rialzo dei tassi entro la fine dell’anno e non prima di giugno, soprattutto dopo che la Fed ha rivisto in rialzo le sue stime sull’economia. Il dollaro Usa si è deprezzato nel corso della sessione asiatica fino a 94,89 dopo esser riuscito a sfondare in rialzo quota 95 subito dopo la pubblicazione della dichiarazione Fomc.

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