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Le transazioni valutarie di ieri sono state tutto fuorché elettrizzanti

Da
Barry Norman
Pubblicato: Oct 14, 2014, 19:31 GMT+00:00

Ieri Wall Street ha chiuso le transazioni in territorio negativo, riflettendo in parte i timori crescenti circa la debole crescita mondiale e la

Le transazioni valutarie di ieri sono state tutto fuorché elettrizzanti

Ieri Wall Street ha chiuso le transazioni in territorio negativo, riflettendo in parte i timori crescenti circa la debole crescita mondiale e la divergenza fra le politiche monetarie delle principali economie globali. I mercati europei hanno invece scontato lo scetticismo montante circa le promesse fatte dalla Bce a proposito di nuove misure di stimolo per ravvivare l’economia del continente. I trader europei guardano in particolar modo ai dati tedeschi, che negli ultimi tempi si sono rivelati ben peggiori delle aspettative: in data odierna sarà pubblicata l’indagine ZEW sulla fiducia delle aziende, che se avrà dei risvolti particolarmente negativi potrebbe determinare l’ennesimo crollo dell’euro e degli indici azionari europei. I mercati asiatici sono invece scambiati al positivo in vista dei dati economici Usa di domani, che le stime preconizzano essere tutti piuttosto favorevoli. La divergenza attesa fra le politiche monetarie di Stati Uniti da una parte ed Eurozona e Giappone dall’altra ha determinato il balzo della banconota verde al massimo degli ultimi due anni contro l’euro e al massimo delle ultime sei settimane contro lo yen di inizio mese.

A fronte del quadro macroeconomico tedesco e delle sue possibili implicazioni circa le scelte di politica monetaria della Fed, i mercati valutari monitoreranno con attenzione l’indice ZEW e la produzione industriale europea, attesi entrambi per la seconda metà di sessione.

Il dollaro Usa si muove oggi al rialzo, crescendo di 20 punti sino a 85,48. Ieri invece l’indice DX si era mosso al ribasso, cedendo circa lo 0,4% per via delle voci che vogliono la Fed mantenere inalterati i tassi per un periodo prolungato di tempo. Sentimenti di mercato ribassisti hanno comunque portato all’incremento della domanda di valute a basso rendimento, evitando che il dollaro Usa incappasse in perdite peggiori. Ieri la banconota verde aveva dovuto cedere del terreno nei confronti delle principali divise globali dopo che i vertici della Fed avevano ammesso come un rallentamento dell’economia globale avrebbe potuto ritardare il momento in cui avrebbero dato il là al rialzo dei tassi. L’indice del dollaro, che ne monitora le quotazioni contro le sei principali controparti valutarie, si è mosso in ribasso dello 0,47% sino a 85,51. Parlando sabato scorso all’incontro annuale del Fmi, il vice presidente Fed Stanley Fischer ha affermato: “Se la crescita estera dovesse rivelarsi inferiore alle attese, ciò comporterà un rallentamento delle tempistiche con cui la Fed porrà termine alla propria politica monetaria accomodante”. Tutto ciò lascia pensare che la banca centrale statunitense potrebbe mantenere inalterati i tassi per un periodi di tempo più esteso di quanto non era stato preventivato inizialmente.

Le osservazioni di Fischer sono state poi riprese da altri funzionari Fed. Fra questi, il governatore Tarullo ha affermato nella stessa occasione di essere preoccupato per le prospettive di crescita globali, mentre il presidente Fed di Chicago Evans aveva già avuto modo di dire che il rafforzamento del dollaro e la debole crescita globale avrebbero fatto decadere la necessità di procedere a un rapido rialzo dei tassi.

In tarda sessione, l’euro è salito a 1,2679 dollari da 1,2615, mentre la sterlina britannica toccava 1,6061 dollari da 1,6052. Il dollaro australiano è invece passato a 0,8760 da 0,8708; una banconota verde acquista oggi 107,33 yen nipponici, meno dei 107,84 della sessione di ieri. Lunedì ha visto la pubblicazione di ben pochi dati economici se si eccettua il saldo della bilancia commerciale cinese. Anche la sessione odierna non dovrebbe riserbarci sorprese o altri imprevisti.

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