Venerdì Wall Street è stata protagonista di una brutta chiusura, con i principali indici di riferimento in rosso per la terza settimana di fila: le
L’indice del dollaro appare debole nei confronti dello yen nipponico, apprezzatosi significativamente dal momento che gli investitori preferiscono scommettere sugli asset dal rendimento sicuro a fronte dell’incertezza che ci circonda. Lo yen giapponese è scambiato a 107,18, mentre l’indice DX è a 85,45 e la stragrande maggioranza delle valute globali è riuscita ad apprezzarsi nei confronti della banconota verde. Frattanto, l’euro e la sterlina viaggiano a 1,2691 e 1,6116 rispettivamente. I timori legati al futuro economico dell’Eurozona sono stati al centro dell’ultimi discorso del presidente Bce Mario Draghi, che venerdì ha ammesso come un rallentamento della crescita di Eurolandia potrebbe finire per impattare negativamente sulle prospettive di investimento da parte di famiglie e imprese.
I dati economici della sessione odierna non sono molti, con gli investitori ben attenti a soppesare le performance commerciali della Cina, i cui dati sono stati pubblicati in mattinata. Il surplus commerciale di Pechino si è più che raddoppiato nel mese di settembre, toccando quota 31 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono cresciute a un ritmo inferiore. L’export della seconda economia globale è lievitato del 15,3% su base annua generando un giro d’affari pari a 213,7 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono cresciute del 7% sino a 182,7 miliardi. Il surplus è inferiore rispetto a quello registrato in agosto (49,8 miliardi) e alle aspettative di un pool di 15 economisti del Dow Jones Newswires (42 miliardi): va comunque detto che il tasso di crescita dell’export ha quasi raddoppiato quello di agosto (+9,4%) e si è stampato ben al di sopra della previsione media (+12,5%). L’indagine del Dow Jones Newswires puntava infine a una contrazione delle importazioni pari al -2,4%, bissando la contrazione inaspettata registrata in agosto.
Le performance commerciali cinesi hanno premiato più di tutti le valute di Australia e Nuova Zelanda. L’Aussie è lievitato di 45 punti sino a 0,8732, mentre il Kiwi di 47 sino a 0,7870. Entrambe le economie dipendono dal mercato cinese per le proprie esportazioni. Gli investitori si stanno allontanando dalle divise a più alto rischio, quali appunto il Kiwi e l’Aussie, per via dei timori legati alle prospettive di crescita dell’economia globale e soprattutto di Eurozona, Giappone e Cina. La scorsa settimana la Reserve Bank of Australia ha lasciato inalterato al 2,5% il proprio tasso di riferimento principale, con il governatore Stevens che affermava di essere preoccupato per il valore dell’Aussie, per la possibilità di un rallentamento dell’economia cinese e per un calo del prezzo delle materie prime.