I trader di petrolio greggio non hanno nascosto il proprio disappunto per la decisione di giovedì della BCE; intanto il petrolio WTI sprofonda a quota
I trader di petrolio greggio non hanno nascosto il proprio disappunto per la decisione di giovedì della BCE; intanto il petrolio WTI sprofonda a quota 66,54, in ribasso di 30 centesimi mentre il petrolio Brent nel corso della sessione asiatica scende sotto i $ 70. Gli speculatori nel settore energetico speravano che l’adozione di ulteriori misure di stimolo per l’eurozona potesse favorire un aumento della domanda di prodotti petroliferi.
Questa settimana i prezzi hanno ricevuto un supporto dalla Cina, dove la Banca Popolare Cinese, allo scopo di rivitalizzare la crescita economica, ha elargito un’iniezione di liquidità di circa 4,9 miliardi di dollari USA (30 miliardi di yuan). Questa settimana, negli USA, la ADP ha segnalato, nei mesi di ottobre e novembre, un incremento dell’occupazione nel settore privato pari a 208.000 posti di lavoro, quando gli economisti prevedevano un incremento di 225.000 unità. Nel frattempo, nel terzo trimestre la produttività negli Stati Uniti ha registrato un incremento, aumentando dal 2% al 2,3%, dato in linea con le aspettative. Nel corso della mattinata, l’indice ISM del settore non manifatturiero ha registrato un incremento dal 57,1 del mese di ottobre al 59,2 nel mese di novembre, dato superiore alle previsioni, in un momento in cui i nuovi ordinativi offrono un sostegno alle imprese. I trader in questo momento sono in attesa dei dati sull’occupazione e del rapporto sulla disoccupazione USA, attesi nel corso della sessione nordamericana.
In Iraq, a Beiji, è in corso una battaglia per il controllo della più grande raffineria del paese, anche se il governo ha dichiarato che le forze di sicurezza sono rimaste in difesa degli impianti e sono tuttora in contatto con il governo. I prezzi del petrolio potrebbero salire nel caso in cui i miliziani dell’ISIS dovessero espandere il controllo più a sud, dove sono ubicati i principali giacimenti di petrolio del paese. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato ieri l’intenzione impiegare dei consiglieri militari in aiuto alle forze governative irachene. Gli Stati Uniti si sono comunque rifiutati di effettuare i bombardamenti richiesti dal governo iracheno, a causa della situazione politica incerta. I disordini hanno messo a rischio le aspettative di crescita della produzione irachena perché gli investimenti necessari potrebbero essere posticipati, se non bloccati del tutto.
Anche le previsioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia hanno contribuito a premere sul prezzo; indicano infatti un incremento della domanda globale di petrolio di 6,58 milioni di barili al giorno entro il 2018.
Gli analisti sostengono che il prezzo del petrolio sia sceso questa mattina in seguito al taglio dei prezzi da parte dei principali produttori in Arabia Saudita, nei confronti sia del mercato asiatico che degli Stati Uniti. Saudi Aramco, la compagnia petrolifera a controllo statale, ha dichiarato giovedì di aver tagliato i prezzi ufficiali di vendita del petrolio per il mese di gennaio destinato al mercato asiatico di $ 1,9 il barile, rispetto al prezzo di dicembre, riducendo anche il prezzo del petrolio destinato agli Stati Uniti di 80 centesimi.
L’Arabia Saudita è il membro dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio più grande e influente; l’Opec lo scorso mese aveva deciso di mantenere inalterati i livelli di produzione, nonostante l’eccesso di offerta a livello globale. La decisione presa alla riunione di Vienna del 27 novembre aveva provocato un crollo dei prezzi del petrolio, che avevano toccato i minimi degli ultimi cinque anni. La Bank of Reosty di Singapore ha dichiarato che la decisione dell’Arabia Saudita ha contribuito ad alimentare i timori che il principale esportatore al mondo sia ora più impegnato a difendere le quote di mercato che a tentare di aumentare i prezzi.
La banca francese Credite Agricole ha dichiarato che il ribasso dei prezzi dovrebbe aiutare le economie dei paesi emergenti. “L’economia a forte consumo di petrolio, incluse quelle asiatiche, potrebbero beneficiare del ribasso di una diminuzione dell’inflazione, di un più ampio margine monetario per sostenere la ripresa, e della riduzione dei costi per le imprese e le famiglie. D’altro canto questa situazione potrebbe favorire una leggera ripresa del PIL dei paesi emergenti della crescita nel 2015”.