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L’aggressività di Putin fa scoppiare il panico nei trader

Da
Barry Norman
Pubblicato: Aug 6, 2014, 20:28 GMT+00:00

Nella tarda sessione di ieri il presidente russo Putin ha gettato nel panico i mercati di tutto il globo, compresi quelli valutari e delle materie prime:

L’aggressività di Putin fa scoppiare il panico nei trader

Nella tarda sessione di ieri il presidente russo Putin ha gettato nel panico i mercati di tutto il globo, compresi quelli valutari e delle materie prime: dopo aver appreso dal Financial Times del concentramento di truppe russe lungo il confine con l’Ucraina, i trader hanno tentato di correggere la propria reazione iniziale, di sorpresa. Wall Street, le quotazioni dell’oro e dello yen hanno così finito per alterare la propria corsa. Gli indici statunitensi si sono mossi bruscamente al ribasso, cancellando i guadagni del giorno precedente, con gli investitori preoccupati da un lato per le tensioni fra la Russia e l’Ucraina e dall’altro per la possibilità che il rafforzamento dell’economia Usa possa tradursi in un prossimo rialzo dei tassi. Stamattina gli indici asiatici si sono mossi di conserva a quelli americani, ribassandosi a causa dei timori legati alla possibilità che le tensioni russo-ucraine vivano un’escalation fino al conflitto armato.

Le borse europee sono lievitate timidamente nella giornata di ieri grazie a una serie di dati economici tutto sommato positivi: le azioni di Deutsche Post sono cresciute del 2,2% grazie agli ultimi risultati economici; l’indice FTSEurofirst 300 è invece aumentato dello 0,3%, il DAX tedesco dello 0,4% e il FTSE britannico dello 0,1%. Le piazze europee hanno avuto la fortuna di chiudere prima che si diffondesse la notizia del concentramento di truppe russe in Est Europa.

E dal momento che gli investitori hanno presto adottato un atteggiamento prudente, sia l’euro che le valute legate alle materie prime hanno finito per muovere al ribasso nei confronti del dollaro Usa. La divisa europea ha così perso terreno dai massimi a 1,3425 per toccare quota 1,3360 e chiudere la sessione nordamericana a 1,3375. Il dollaro australiano è anch’esso passato da 0,9340 a circa 0,93, mentre lo yen chiudeva le transazioni a 102,57 nei confronti della banconota verde dopo esser passato per quota 102,90 e aver aperto a 102,45. Stamattina l’attività più intensa è concentrata proprio sulle valute di Giappone e Stati Uniti, con la prima in rialzo di 7 punti sulla seconda e di 15 punti sull’euro grazie alla decisione dei trader di fare incetta di valute dal rendimento sicuro.

In Nuova Zelanda un rapporto controverso sull’andamento dell’occupazione ha fatto crollare il Kiwi di 33 punti sino a 0,8435: le statistiche hanno infatti rivelato che la disoccupazione è sì diminuita, passando al 5,4%, benché la variazione del numero degli occupati abbia mancato completamente le previsioni della vigilia.

Il dollaro Usa viaggia in territorio positivo, crescendo stamattina di 2 punti percentuali per essere scambiato in prossimità di un massimo-record a 81,62 dopo che i dati di ieri hanno certificato l’ottimo stato di salute dell’economia a stelle e strisce. La banconota verde è in procinto di toccare il massimo degli ultimi 9 mesi nei confronti dell’euro grazie al rafforzamento dell’economia Usa e alle tensioni in Ucraina che hanno fatto esplodere l’attrattività degli asset americani. Nel mese di luglio l’indice ISM relativo al settore terziario ha toccato il massimo degli ultimi 8 anni e mezzo, passando a 58,7 da 56. Gli ordinativi alle industrie sono invece lievitati dell’1,1% nel mese di giugno, superando le previsioni di un +0,6%. Le vendite delle catene di negozi sono infine lievitate del 4,6% su base annua, facendo anche meglio del +3% annuo registrato la settimana scorsa. Tutto ciò ha portato la divisa statunitense a crescere ieri al ritmo maggiore mai registrato negli ultimi 6 mesi nei confronti delle sue controparti valutarie. Frattanto, il presidente della Fed di Dallas, Richard Fisher, sostiene che i suoi colleghi della Fed diventano sempre più “rialzisti”.

Nel corso di un’intervista rilasciata ieri a Fox Business Network, il presidente Fisher ha infatti affermato come il Fomc “stia venendo nella mia direzione”. Secondo Bloomberg, il numero uno della Fed di Dallas si distingue infatti per le sue posizioni particolarmente rialziste in fatto di politica monetaria.

 

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