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La forza del dollaro Usa spinge verso il basso le sue controparti valutarie

Da
Barry Norman
Pubblicato: Sep 3, 2014, 16:42 GMT+00:00

Nel corso della sessione asiatica odierna, il dollaro Usa continua a muovere in rialzo, lievitando di 7 punti per essere scambiato a 83,06. La banconota

La forza del dollaro Usa spinge verso il basso le sue controparti valutarie

Nel corso della sessione asiatica odierna, il dollaro Usa continua a muovere in rialzo, lievitando di 7 punti per essere scambiato a 83,06. La banconota verde era andata rafforzandosi anche nella giornata di ieri, benché sia l’EUR/USD che l’USD/JPY non abbiano ancora rotto le rispettive soglie di resistenza. Neppure l’ottima lettura dell’indice manifatturiero ISM è riuscita a smuovere le due coppie. È come se la divisa Usa non avesse ancora metabolizzato i suoi ultimi guadagni, soprattutto in vista degli eventi e dei dati economici attesi per il finire di questa settimana. I trader aspettano due momenti in particolare: la riunione Bce di giovedì e il rapporto sulle buste paga non-agricole Usa di venerdì. Il dollaro Usa si è frattanto rafforzato sino a toccare il massimo degli ultimi 7 mesi nei confronti dello yen, mentre gli ultimi dati evidenziavano l’espansione dell’attività manifatturiera a stelle e strisce. Il prezzo delle materie prime, assieme a quello del greggio e dell’oro, è intanto sprofondato, incidendo sulle performance delle società energetiche statunitensi, che a loro volta hanno trascinato in ribasso gli indici azionari Usa. Stamattina la banconota verde è scambiata a 105,25 yen, in rialzo dello 0,8%.

Stando a quanto riporta Bloomberg, ad agosto l’attività manifatturiera Usa è cresciuta al ritmo più rapido degli ultimi 3 anni, con gli ordinativi ai massimi dell’ultima decade: aumentano insomma le possibilità che la Fed finisca per ritoccare verso l’alto i tassi d’interesse con un certo anticipo sulla propria tabella di marcia. Al contrario, gli indicatori che misurano l’output industriale dell’Eurozona e della Cina segnalano un rallentamento dell’espansione, alimentando le voci di nuove misure di stimolo da parte dei rispettivi policy maker. Secondo BNP Paribas, c’è una probabilità del 50% che la Bce finisca per tagliare di 10 punti base i tassi d’interesse già nel corso di questa settimana.

I dati economici della scorsa settimana hanno evidenziato come il ritmo di espansione del Pil Usa nel secondo trimestre abbia superato ogni previsione, in particolar modo grazie al balzo in avanti registrato negli investimenti delle imprese, ai massimi degli ultimi due anni. Gli economisti interpellati da Bloomberg ritengono inoltre che il rapporto del dipartimento del Lavoro atteso per venerdì 5 mostrerà un incremento di oltre 200mila unità nel numero degli occupati ad agosto: si tratterebbe della settima espansione mensile consecutiva.

Sempre secondo Bloomberg, c’è una probabilità del 44% che i vertici della Fed finiscano per ritoccare verso l’alto il tasso d’interesse di riferimento entro il giugno 2015. Il 18 agosto scorso, la probabilità era del 36%. Lo yen è intanto caduto al nuovo minimo dal 10 gennaio scorso nei confronti del dollaro Usa mentre aumentano le possibilità che il primo ministro Shinzo Abe finisca per nominare un suo stretto alleato alla testa del ministro della Salute, da cui potrà gestire il gigantesco fondo d’investimento pensionistico pubblico GPIF: c’è la possibilità che, se queste voci dovessero trovare conferma, il fondo possa incrementare i propri investimenti in asset stranieri.

Il dollaro australiano è frattanto scambiato piatto a 0,9274 dopo la riunione di ieri della Reserve Bank of Australia. L’economia dell’Australia ha registrato un brusco rallentamento nel secondo trimestre, benché non quanto temevano gli economisti. L’ufficio di Statistica australiano ha evidenziato come nel Q2 l’economia del paese sia cresciuta dello 0,5%, poco al di sopra delle previsioni degli analisti di mercato.

Stando a quanto rivelato da Reuters e Bloomberg, questi ultimi puntavano piuttosto a un +0,4%, mentre i dati sul Pil di ABS hanno mostrato che su base annua la crescita nel secondo trimestre si è attestata al 3,1%: ancora una volta, poco al di sopra delle previsioni e in linea con le stime di crescita degli economisti. In ogni caso, la performance del secondo trimestre si attesta al di sotto di quella registrata nei 3 mesi precedenti (+1,1%), quando l’economia di Canberra aveva potuto beneficiare di un incremento dell’export nazionale. Su base annua la crescita nel primo trimestre è stata del +3,5%. Il Kiwi si è intanto contratto di 23 punti contro il forte dollaro Usa e per via dei timori legati all’ultimo calo registrato nei prezzi dei latticini. La domanda di dollari neozelandesi si è infatti ridotta dopo che i prezzi del settore hanno toccato il minimo dal luglio 2012 a seguito dell’ultima asta.

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