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JPY, AUD e NZD non smettono di scivolare

Da
Barry Norman
Pubblicato: Dec 3, 2014, 18:51 GMT+00:00

Stamattina lo yen giapponese è scambiato a 119,31 toccando un nuovo minimo record, come del resto fatto ogni giorno di dicembre. L’allentamento monetario

JPY, AUD e NZD non smettono di scivolare

Stamattina lo yen giapponese è scambiato a 119,31 toccando un nuovo minimo record, come del resto fatto ogni giorno di dicembre. L’allentamento monetario attuato dalle autorità nipponiche e la stretta varata negli Stati Uniti hanno messo su rotte opposte le divise di Giappone e Stati Uniti, con la seconda che continua a stampare nuovi massimi. L’indice DX era scambiato a 88,70 alla chiusura di ieri, mentre le voci più disparate sostengono che la Banca del Giappone continuerà con le sue politiche di allentamento e di stimolo monetario finché l’inflazione non avrà raggiunto il +2% (evento che una volta verificatosi costituirà un fattore negativo per le quotazioni della valuta).

I timori scaturiti dalla recessione in cui è nuovamente piombata l’economia del Giappone e al rallentamento economico globale stanno determinando un brusco deprezzamento dello yen. Inoltre, il fatto che eventuali miglioramenti a livello globale e nelle economie in via di sviluppo, così come nelle oscillazioni della divisa nipponica, siano legati da una relazione inversa con l’andamento dei mercati azionari non farà che incrementare la pressione ribassista che insiste sulla valuta del Giappone. Come se non bastasse, quest’ultima finirà per deprezzarsi ulteriormente a causa dei timori per la stabilità dell’esecutivo guidato dal premier Abe. Frattanto la contrazione dei prezzi del greggio continua a incidere sull’andamento dell’inflazione nipponica, dal momento che il paese asiatico è diventato ancora più dipendente dalle forniture energetiche estere subito dopo il disastro nucleare di Fushima. Ieri lo yen ha perso circa lo 0,7% a fronte di sentimenti di mercato rialzisti, emersi nella seconda parte della sessione, che hanno determinato un calo della domanda per le valute a basso rendimento. Lunedì Moody’s aveva inoltre tagliato il rating creditizio del Giappone, infliggendo nuove perdite allo yen: il taglio è del resto la riprova delle incertezze e dei timori che ancora aleggiano sulle possibilità di crescite del paese.

Il dollaro Usa ha chiuso invece in rialzo la sessione di ieri, in particolare dopo che i dati relativi alle vendite di nuovi veicoli si sono rivelati tanto favorevoli da comprovare una volta di più il buon momento di salute della prima economia del mondo. Sentimenti di mercato rialzisti hanno comunque determinato un calo della domanda per le valute dai bassi rendimenti, cosa che ha impedito al dollaro Usa di conseguire maggiori guadagni. A novembre i primi sei rivenditori del paese hanno venduto automobili e camion in numero superiore a quello stimato dagli analisti; un’economia in salute, sconti particolarmente convenienti e il basso costo del greggio hanno indotto i consumatori americani a recarsi in massa negli showroom. Su base annua, nel mese di novembre sono stati venduti 17,2 milioni di veicoli, stando a quanto riferisce Autodata Corp.

A seguito della pubblicazione del dato sul Pil australiano (che ha mancato le aspettative), l’Aussie è scambiato in territorio negativo al punto da far pensare di essere in procinto di finire anche al di sotto di quota 0,8400. Inoltre, i dati sul manifatturiero cinese rilasciati in apertura di settimana (l’attività del settore è rallentata oltre le attese) continuano a incidere con forza sul prezzo delle materie prime: il dollaro australiano ha toccato stamattina il nuovo minimo degli ultimi 4 anni e mezzo, con il paese in recessione tecnica e il prodotto interno lordo capace di crescere solamente del +0,3% nel corso del terzo trimestre. L’Australian Bureau of Statistics ha affermato che il volume delle merci e dei servizi prodotti nel terzo trimestre è cresciuto solo del +0,3% in termini destagionalizzati, per una crescita su base annua del +2,7%. Nell’ultima decade la crescita media del paese era stata del +2,9% l’anno, mentre negli ultimi 15 del +3,1%. Il Kiwi si è mosso di conserva con il vicino australiano, perdendo 30 punti sino a 0,7776 per via degli ammonimenti della Rbnz e dell’ennesimo calo registrato nel prezzo dei latticini.

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