La nuova settimana si apre con i mercati di Gran Bretagna e Stati Uniti fermi per delle festività nazionali e praticamente nessuna pubblicazione economica
Ad aprile il deficit commerciale del Giappone si è attestato a 53,44 miliardi di yen, migliorando enormemente dagli 825,23 miliardi di un anno fa grazie alla ripresa delle esportazioni e al calo delle importazioni. L’export è cresciuto dell’8% su base annua, raggiungendo la cifra di oltre 6 trilioni di yen. In netta crescita (+21,4%) le vendite verso gli Stati Uniti, mentre le esportazioni in Asia – che incidono per oltre la metà dell’export complessivo nipponico – sono aumentate del 6%. In crescita del 33,6% i flussi verso l’India e del 2,4% quelli verso la Cina.
La scorsa settimana la Banca del Giappone ha compiuto una scelta di politica monetaria che potrebbe aver scontentato il Fmi. L’organizzazione internazionale con sede a Washington aveva avvisato l’istituto centrale nipponico che per raggiungere il target di un’inflazione al +2% sarebbe dovuto passare più tempo di quello preconizzato dalle autorità del Giappone, persino con una nuova tornata di stimoli monetari; il Fondo ha inoltre affermato che occorrono riforme strutturali “decise” per combattere una mentalità evidentemente troppo abituata alla deflazione persistente. In una dichiarazione che ha fatto seguito alle consultazioni ex-“Articolo 4” con le autorità giapponesi, venerdì scorso il Fmi ha invitato il primo ministro Shinzo Abe a velocizzare la riforma del sistema fiscale e non fare troppo affidamento su stime reputate come “eccessivamente ottimistiche” rispetto alla capacità di rimettere in sesto i conti pubblici del paese. Il valore reale dello yen si è di nuovo stabilizzato dopo essersi indebolito nella seconda metà del 2014, ha poi aggiunto il Fmi.
Il teatro asiatico non ha offerto altre notizie, con l’Aussie in lieve calo di 3 punti a 0,7821 dopo che una banca nazionale ha pubblicato il suo rapporto sulla fiducia delle aziende. Il Kiwi è caduto di altri 11 punti a 0,7302 mentre i trader sono in attesa della decisione di tasso d’interesse della banca centrale e si preoccupano per l’andamento dei prezzi dei latticini.
La Grecia è nuovamente al centro delle attenzioni dopo che ieri esponenti del governo Tsipras hanno confermato che il paese non sarà in grado di onorare gli impegni con il Fmi. L’euro è crollato di 30 punti a 1,0983$. A giugno, Atene avrà davanti a sé la scadenza di ben quattro prestiti ricevuti dal Fmi: per il paese ellenico sarà difficilissimo onorarli tutti e quattro senza ricorrere ai fondi di salvataggio congelati dai suoi stessi creditori internazionali. L’incapacità di rimborsare i creditori potrebbe portare al default di Atene e alla sua possibile uscita dall’Eurozona. La scorsa settimana il portavoce del gruppo parlamentare di Syriza aveva detto che il governo non riuscirà a rimborsare il prestito ricevuto dal Fmi, in scadenza il 5 giugno, dal momento che le sue priorità sono i salari, le pensioni e la spesa corrente. Ieri il ministro degli Interni ha rincarato la dose, affermando che il governo Tsipras è sull’orlo del fallimento. Atene è tuttora impegnata con i suoi creditori internazionali nel raggiungimento di un’intesa che sbloccherebbe miliardi di euro in aiuti, permettendo al governo di ripagare i prestiti ricevuti dal Fmi assieme alla spese nazionali più urgenti, come salari e pensioni.