L'impatto della crisi militare Ucraina sui portafogli finanziari va valutato con attenzione. Non bisogna fare allarmismi, ma essere pronti.
Se ne parla, ma non se ne parla poi molto, della crisi militare che vede al centro degli interessi l’Ucraina da parte della Russia che la rivendica come propria terra e da parte degli Stati Uniti che considerano quell’angolo di mondo un “muro” divisorio tra l’Europa e la Russia.
La cortina di ferro sembra essere di nuovo calata sull’Europa, anche se spostata un po’ più in là. Prima i muri antimigranti costruiti in Polonia contro la Bielorussia, ora l’Europa si trova ad affrontare una crisi importante e militare con la Russia che ha schierato decine di migliaia di uomini lungo il confine con l’Ucraina e anche oltre.
Da questa parte, come spiega il Corriere della Sera in un editoriale della Gabanelli, si inviano in Ucraina armi pesanti e leggere d’ogni sorta, comprese truppe speciali canadesi, navi militari danesi, e caccia bombardieri danesi e olandesi.
No, non si direbbe una situazione che gli investitori dovrebbero minimizzare. Partiamo dall’approvvigionamento energetico. In caso di conflitto l’Europa dipende al 40% dal gas russo, il quale potrebbe non arrivare più. In un contesto in cui da mesi il prezzo del gas naturale sale, questo esploderebbe e inoltre mezza Europa resterebbe senza gas per produrre corrente elettrica, riscaldare.
La Germania, l’Italia e la Francia, apertamente e sottotraccia si oppongono a qualsiasi strategia che possa portare a deteriorare i rapporti con la Russia, ma in caso di escalation militare, cosa rischiano i portafogli finanziari degli azionisti?
Sempre la Gabanelli dalle colonne del Corriere, racconta che la sola Germania ha rapporti commerciali con la Russia del valore di 25 miliardi di euro, mentre l’Italia mantiene rapporti commerciali per un valore di 9 miliardi di euro. Cifre che valgono una manovra economica.
Come fa notare una analisi strategico-finanziaria di Raiffeisen, ripresa dal Financialounge, il peso dei titoli azionari russi negli strumenti di investimento che fanno riferimento ai mercati emergenti, è relativamente basso.
Per questo motivo non si vedono ragioni per cui si dovrebbe disinvestire da strumenti legati ai mercati emergenti, e tanto meno da strumenti legati ai mercati globali, dove il peso dei titoli russi è ancor meno rappresentativo e capace di incidere.
Tuttavia, non si nasconde che l’impatto sull’economia europea e dell’Europa orientale ci sarebbe eccome, per le ragioni menzionate in precedenza.
L’analisi dei rischi, va ad analizzare anche la situazione energetica. In caso di taglio delle esportazioni di greggio da parte della Russia, essa sarà ampiamente compensata dai paesi dell’OPEC che hanno ingenti riserve di petrolio bastevoli per tutti.
Il problema resta per il gas naturale, una riduzione o il blocco delle esportazioni dalla Russia verso l’Europa metterebbe a rischio l’approvvigionamento.
E se al momento l’analisi conclude affermando che non vedono un crollo del mercato, certo è che bisogna valutare e tenere sotto osservazione l’evolversi della situazione.
Per ora tutte le correzioni viste sui mercati, si fa notare ancora, sono dipese da altri fattori che nulla hanno a che fare con la crisi militare in Ucraina.
La speranza è nelle mani della diplomazia. A quali interessi economici gioverebbe una guerra?
Writer freelance dal 2013 ha studiato informatica e filosofia ed anche un pizzico di sociologia. Nel 2016 ha scoperto la crypto economy e da allora scrive di blockchain e criptovalute, per approfondire un movimento che non è fatto solo di esperti matematici e crittografi, ma di gente che genera una nuova economia dal basso.