Pubblicita'
Pubblicita'

Il rialzo dell’indice PMI cinese non riesce a smuovere i mercati valutari

Da
Barry Norman
Pubblicato: Sep 23, 2014, 19:56 GMT+00:00

Quest’inizio di settimana è povero di dati economici. Ieri gli Stati Uniti hanno registrato il momento di stanca del comparto abitativo, mentre in

Il rialzo dell’indice PMI cinese non riesce a smuovere i mercati valutari

Quest’inizio di settimana è povero di dati economici. Ieri gli Stati Uniti hanno registrato il momento di stanca del comparto abitativo, mentre in apertura di sessione odierna l’indice PMI manifatturiero HSBC della Cina si è stampato lievemente al di sopra delle aspettative, pur rimanendo prossimo alla soglia del 50 che determina la contrazione o l’espansione del settore. L’indice PMI è lievitato a 50,5 nel mese di settembre dal 50,2 di agosto, mentre gli analisti ritenevano si sarebbe posizionato a quota 50. La notizia, di per sé positiva, deve fare i conti con la sfilza di dati economici negativi delle ultime settimane, a partire dal minimo degli ultimi 6 anni in cui è sprofondata la produzione industriale della Cina, senza dimenticare la contrazione dei prezzi delle abitazioni. Tutto ciò ha indotto diversi analisti a rivolgersi alle autorità centrali affinché adottino misure di stimolo monetario più che aggressive – come il taglio dei tassi d’interessi o l’abbassamento della riserva bancaria obbligatoria – al fine di centrale l’obiettivo di crescita fissato dal governo al 7,5%. Le autorità cinesi appaiono però molto riluttanti ad aprire i cordoni della borsa per stimolare l’economia. Nella seconda parte di sessione i trader faranno i conti con la serie di letture PMI manifatturiere e terziarie relative ai singoli paesi europei e all’Eurozona intera.

Il dollaro australiano è intanto caduto sotto il livello 89 per essere scambiato a 0,8894. La lettura PMI cinese, che si è stampata al di sopra delle aspettative, dovrebbe comunque incidere positivamente sull’export dell’Australia. Il Kiwi viaggia ancora in territorio negativo, scambiato a 0,8115: per i trader valutari si tratta di una pessima notizia; diversamente, per un’economia che dipende dall’export di latticini e prodotti affini, tanto più bassa la quotazione del dollaro neozelandese, tanto meglio per le esportazioni del paese. L’obiettivo delle autorità monetarie della Nuova Zelanda è proprio questo, dopo che una serie di continui rialzi del tasso d’interesse avevano portato il Kiwi a toccare un massimo dopo l’altro; al momento sembra che la divisa neozelandese sia riuscita a invertire la tendenza, con l’export del paese che aveva sofferto particolarmente per le quotazioni della stessa.

Il mercato nipponico rimarrà chiuso per la festività dell’Equinozio d’autunno. Frattanto, esportatori e produttori manifatturieri sembrano preoccupati per il tasso di cambio dello yen, deprezzatosi oltremodo negli ultimi tempi. Inizialmente la Banca del Giappone puntava al livello 105, prima che la propria divisa iniziasse a deprezzarsi nello stesso frangente in cui il rialzo dell’iva colpiva consumi e domanda interna creando un’inflazione artificiale a fronte di salari reali rimasti fermi. Lo yen è scambiato a 108,75 contro il dollaro Usa e a 139,75 contro l’euro.

L’indice DX ha perso un po’ di smalto dopo i numeri per nulla soddisfacenti stampati ieri dal mercato immobiliare Usa. La banconota verde è scambiata a 84,67 dopo aver toccato ieri un massimo a 84,86. Ieri un funzionario Fed ha ammesso che un dollaro particolarmente forte potrebbe impattare negativamente sugli sforzi della stessa Fed finalizzati a supportare la crescita e rialzare l’inflazione; trattasi di una dichiarazione che si sente davvero raramente da parte di un membro della banca centrale statunitense. Stamane l’euro è scambiato fra il piatto e il positivo nei confronti del dollaro a 1,2854, mentre la sterlina si attesta a 1,6382. Il presidente Bce ha affermato che il programma di acquisto asset permetterà all’istituto centrale di utilizzare la massa critica rappresentata dalla liquidità presente all’interno del proprio bilancio per combattere la deflazione. Parlando a Bruxelles davanti al Parlamento Europeo, il presidente Draghi ha sottolineato quanto siano importanti simili misure per rimettere in moto la crescita nelle 18 economie dell’Eurozona.

Sull'Autore

Pubblicita'