Le sofferenze bancarie sono sempre al centro dell’attenzione. Nonostante la costituzione dei due fondi Atlante e Atlante 2, la quantità di non performing
Le sofferenze bancarie sono sempre al centro dell’attenzione.
Nonostante la costituzione dei due fondi Atlante e Atlante 2, la quantità di non performing loans continua a porsi come problema sistemico in seno al Bel Paese.
A fare chiarezza sulla questione, oltre che elargire un parere altamente tecnico, ci ha pensato il direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, intervenendo alla XVIII giornata del credito a Palazzo Altieri.
L’incipit di Rossi è molto chiaro e parte da lontano: “La crisi finanziaria globale ha radicalmente mutato il contesto nel quale operano le banche di tutto il mondo; fare banca oggi è assai più difficile di quanto non lo fosse prima della crisi.”
Premessa doverosa, prima di addentrarsi nel reale problema.
“Due fattori stanno guidando il cambiamento: la riforma delle regole di gioco della finanza, che ormai da tempo vengono quasi tutte stabilite a livello sovranazionale; il formidabile sviluppo della tecnologia, anch’esso su scala globale. I leader del G20, immediatamente dopo lo scoppio della crisi, fissarono un obiettivo: i sistemi bancari dovevano avere «più capitale, di migliore qualità e meno debito». Il mondo si è incamminato verso quell’obiettivo, anche se con entusiasmo decrescente. Per fare banca oggi occorre, coeteris paribus, più capitale di un decennio fa e di una qualità tale da meglio assorbire le perdite che possono emergere durante la normale vita della banca.”
“Questa non può più espandere la dimensione del proprio bilancio ricorrendo liberamente all’indebitamento, data l’introduzione di un limite al grado di leva finanziaria. Sul capitale e sulla liquidità, alle prescrizioni globali emesse dal Comitato di Basilea e dal Financial Stability Board si sono aggiunte in Europa quelle comunitarie, culminate nella complessa ma incompleta architettura dell’Unione bancaria. Il secondo fattore di cambiamento, quello tecnologico, ha radici lontane, che precedono lo scoppio della crisi finanziaria globale. Ma è indubbio che proprio negli anni della crisi, quei progressi, sulla spinta della diffusione esponenziale di internet, dell’incessante processo di digitalizzazione, del ricorso via via crescente alla moneta e agli strumenti di pagamento elettronici, abbiano registrato una formidabile accelerazione”.
Dopo aver contestualizzato storicamente e socialmente il cambiamento cui allude, il Presidente dell’Ivass individua la maggiore criticità finanziaria italiana: “Il problema dei problemi delle nostre banche è la bassa redditività.”
Secondo Rossi non si tratta di un problema solo nostrano, ma “Le banche italiane lo condividono con gran parte degli intermediari europei, per via delle deboli prospettive di crescita economica, dell’incremento della concorrenza, dell’eccezionale, ancorché temporanea, discesa dei tassi d’interesse.”
Problema diffuso nell’UE ma “particolarmente acuto” in Italia, dal momento che “riflette anche l’elevato livello dei crediti deteriorati, lascito della lunga e profonda fase recessiva”.
È bene osservare che “Sebbene il deterioramento della qualità dei prestiti abbia mostrato di recente un rallentamento e siano state avviate prime operazioni di cessione delle sofferenze, lo smaltimento dello stock di crediti deteriorati richiederà inevitabilmente tempo”.
La formula da usare auspicata non lascia dubbi, ma appare complessa e sicuramente coerente con i tempi lunghi di cui sopra: “Occorre accelerare la razionalizzazione delle strutture organizzative centrali e della rete delle dipendenze sul territorio, in modo da riassorbire l’eccesso di capacità produttiva che si è determinato in questi lunghi anni di crisi. In non pochi casi saranno inevitabili interventi sul personale: si potranno utilizzare gli ammortizzatori sociali esistenti, ovvero il pensionamento anticipato finanziato dal fondo di solidarietà di settore, per il quale è stata recentemente ampliata la possibilità di utilizzo; ma, se necessario, occorreranno interventi ad hoc. Aiuteranno il recupero di redditività delle aggregazioni, da facilitare, soprattutto fra banche di media dimensione dove le possibilità di sfruttare sinergie di costo e diversificare le fonti di ricavo appaiono più elevate”.
In sostanza, per risolvere l’annosa questione degli npl, bisogna prima risolvere la criticità figlia della bassa redditività bancaria. Un discorso che sembra toccare il sistema Paese a 360 gradi, chiamando in causa una pluralità di settori che tutti insieme devono concorrere al benessere produttivo.
Benessere produttivo che risulta essere l’unico elemento in grado di rompere il circolo vizioso che alimenta in maniera paradossale.
Dopo gli studi in Giurisprudenza frequenta un corso in mercati finanziari fortemente orientato all’apprendimento del trading sul Forex. Il “Dealing on Foreign Exchange Market –FOREX-“ gli fornisce gli strumenti per iniziare il percorso di trader, ambito in cui è attivo con particolare attenzione alle medie mobili.