È partito il conto alla rovescia in vista della decisione Fomc, mentre il dollaro Usa riesce a recuperare parte delle perdite patite ieri con i trader che
In chiusura di sessione Wall Street è stato protagonista di un rally, con il Dow Jones poco al di sotto di un nuovo record, dal momento che gli investitori iniziano ad accarezzare la possibilità che i vertici Fed non intacchino la linea dei bassi tassi d’interesse al termine della riunione Fomc.
Nel corso degli ultimi giorni alcuni trader si erano convinti che la Fed avrebbe abbandonato l’ormai consueta dicitura “periodo di tempo considerevolmente lungo” a proposito del lasso di tempo in cui i tassi sarebbero rimasti bassi, tanto che diversi investitori avevano iniziato a scommettere proprio su quest’eventualità. Eppure, nel corso dell’ultima sessione di trading, Jon Hilsenrath, capo corrispondente per il Wall Street Journal, ha affermato che la banca centrale statunitense continuerà a impiegare la tanto citata espressione, pur accostandole qualche indicazione temporale più circostanziata. Hilsenrath ha preso la parola nel corso di un intervento via webcast nel tentativo di predire le conclusioni della riunione di politica economica di quest’oggi.
Ieri pomeriggio i listini asiatici hanno registrato parecchio movimento, con AUD e NZD in forte rialzo sull’onda delle notizie riguardanti le prossime mosse della banca centrale cinese (Pboc). Per spiegare quanto successo, diversi trader hanno citato un’agenzia di Bloomberg News secondo la quale le autorità monetarie della Cina inietteranno nuova liquidità nelle cinque principali banche del paese al fine di stimolare la crescita economica del paese. Bloomberg ha giustificato la notizia citando la cinese Sina.com. L’AUD è scambiato a 0,9069, in ribasso di 25 punti dopo la crescita di ieri pomeriggio; il Kiwi perde invece 16 punti e si attesta a 0,8184 dal momento che le notizie di nuovi stimoli monetari cinesi implicano la ripresa delle importazioni di Pechino (e dunque l’aumento dell’export neozelandese).
Lo yen giapponese viaggia ancora in territorio negativo, scambiato a 138,90 contro l’euro (in ribasso di 6 punti) e 107,23 contro il dollaro Usa (in ribasso di 12 punti). Il programma di stimoli monetari lanciato nell’aprile del 2013 dal governatore Kuroda puntava a raddoppiare la base monetaria del Giappone attraverso un aggressivo programma di acquisto asset finalizzato a portare l’inflazione, nel giro di due anni, al target del 2%.
I risultati iniziali sembravano promettenti, con la massa di nuovi yen che hanno contribuito a sospingere verso il basso il valore della valuta e ad interrompere la caduta dei pressi al consumo che durava ormai da 15 anni, rilanciando al contempo i profitti societari e il mercato azionario nipponico. Eppure, benché la Banca del Giappone ha acquistato circa il 70% dei titoli di Stato emessi dal governo, l’inflazione è ancora ferma all’1,3% e la terza economia del pianeta sembra essersi impantanata nelle conseguenze del rialzo dell’iva, con i consumi in calo ben oltre le attese delle autorità del paese. I vertici della banca centrale non hanno voluto confermare la notizia secondo cui l’istituto porterà in territorio negativo i tassi su parte dei 750 miliardi di yen (7 miliardi di dollari) che compongono il programma di finanziamento del mercato, aggiungendo però che non escludono che ciò possa verificarsi per alcune singole operazioni.