Stamattina la sessione asiatica è stata la protagonista di un’intensa attività: le vendite al dettaglio della Nuova Zelanda si sono stampate al rialzo,
L’Aussie è cresciuto di 33 punti a fronte di un dollaro Usa in flessione dagli ultimi massimi (sino a 87,28) che ha permesso alla divisa di Canberra di lievitare sino a 0,8792 e, magari, anche di poter rompere il livello 0,88. La Reserve Bank of Australia aveva tentato di calmierare le quotazioni dell’Aussie affermando di essere pronta a intervenire direttamente sul mercato delle valute. Il vice-governatore Rba Christopher Kent disse: “Non escludiamo questa possibilità. È un’opzione ancora in piedi, pronta a essere attivata, se necessario. La divisa è ancora troppo forte, rispetto ai suoi fondamentali”. La divisa statunitense è intanto scivolata contro le sue controparti principali, incluso il dollaro australiano, dopo che venerdì notte la lettura preliminare dell’indice di fiducia dei consumatori curato dall’Università del Michigan ha evidenziato, per il mese di novembre, l’emergere di qualche timore deflazionistico, ovvero di minor inflazione.
Il Kiwi è cresciuto di 66 punti sino a 0,7972, aiutato dallo scivolone della banconota verde e dall’incremento delle vendite al dettaglio neozelandesi. Secondo l’Ufficio di statistica della Nuova Zelanda, queste sono infatti lievitate più rapidamente di quanto preventivato grazie alle vendite di supermercati e alimentari, segnando un +1,5% nel terzo trimestre (dato destagionalizzato) sul secondo. L’espansione su base annua è del +4,1%. Un’indagine condotta da Reuters puntava invece a una crescita trimestrale del +0,8% e su base annua del +4%. Il volume delle vendite di supermercati e negozi alimentari è cresciuto del +1,9%, mentre cibo e bevande acceleravano al +3%. Nathan Penny, economista di ASB, ha affermato che l’incremento delle vendite riflette il miglioramento complessivo dell’economia del paese.
Ma le notizie più importanti della giornata provengono dal Giappone, dove la crescita del Pil nel terzo trimestre e su base annua ha in entrambi i casi mancato le previsioni: l’economia di Tokyo è così ufficialmente in recessione, essendosi contratta del -1,6% fra luglio e settembre e nonostante le aspettative di un pur modesto rimbalzo dopo la durissima contrazione del secondo trimestre. Tutto ciò non fa che aumentare le probabilità che il primo ministro Abe finisca per rimandare il previsto secondo incremento dell’iva al prossimo anno. Lo yen nipponico è cresciuto di 57 punti sul dollaro Usa ed è scambiato a 115,72, deprezzandosi invece contro l’euro sino a 145,46.
Il premier aveva affermato che i dati odierni sul Pil sarebbero stati decisivi per fargli decidere se confermare o rimandare all’ottobre del 2015 il rialzo dell’iva al 10%: la decisione definitiva è comunque attesa per questa settimana, con il primo ministro di ritorno in patria dal G20 australiano. Il secondo trimestre di contrazione è la riprova del fatto che la terza economia del pianeta non è ancora riuscita a riprendersi dopo il primo incremento dell’iva deciso in aprile. Reuters aveva predetto un’espansione del Pil nipponico del +2,1%.