Il barile continua a recuperarvi terreno dopo il crollo di inizio settimana: a dominare la scena sembrano essere i titoli dei giornali riguardo l'Opec. Il
Secondo una nota della banca ANZ diffusa in mattinata, l’impennata del prezzo del petrolio sarebbe da attribuire ai nuovi dati pubblicati dalla EIA.
Secondo i dati dell’Agenzia di Informazione sull’Energia diffusi ieri, negli Stati Uniti, nella settimana conclusasi il 1 aprile, le riserve di petrolio greggio avrebbero subito una flessione pari a 4,9 milioni di barili, a fronte di un incremento di 3,2 milioni di barili previsto dagli analisti. A fungere da supporto sul mercato di future sul petrolio greggio statunitense anche il ritardo da parte della TransCanada Corp nel ripristino delle condutture di Keystone – con una capacità di 590.000 barili al giorno – utilizzate per le consegne di greggio verso Cushing e Illinois. In seguito all’interruzione dei rifornimenti, lo sconto osservabile sul contratto front month rispetto al mese successivo ha toccato i minimi delle ultime tre settimane.
In Europa, i lavori di manutenzione sui giacimenti di petrolio del Mare del Nord, in programma per il mese prossimo, hanno offerto supporto ai future sul brent, il cui prezzo è condizionato dalle riserve del Mare del Nord. Sul fronte della domanda, secondo gli analisti il settore manifatturiero sembra recuperare terreno dopo il recente rallentamento. Il prezzo del petrolio è salito del 5%, facendo segnare il più forte rialzo delle ultime tre settimane in scia ai dati dell’Agenzia di Informazione sull’Energia USA, che segnalano – in riferimento alla scorsa settimana – una flessione imprevista delle riserve di petrolio greggio statunitense di 4,9 milioni di barili. In base a un sondaggio Reuters, gli analisti prevedevano massimi record per l’ottava settimana consecutiva. L’indice CRP, costituito da un paniere di commodity globali, si muove in rialzo, favorito dal rialzo di petrolio, nichel e di alcuni prodotti agricoli, mentre oro e argento cedono terreno alla luce del calo di interesse nei confronti dei beni rifugio.
Recentemente una serie di indicatori ha contribuito a spiegare il perché della correzione di quasi 15% verificarsi a fine marzo sul mercato del petrolio. Nel mese di marzo i flussi di fondi dal più popolare ETF, l’USO, fanno segnare la più forte fuoriuscita mensile degli ultimi cinque anni. Il pullback di lieve entità a fronte di un flusso in uscita di tali proporzioni – quasi 600 milioni di dollari – potrebbe essere visto come un segnale di resistenza da parte dei trader rialzisti del petrolio.
Nel frattempo si continua a speculare su un eventuale accordo fra i paesi membri dell’Opec per un congelamento dei livelli di produzione, da concludersi in occasione della riunione che si terrà il 17 aprile. I prezzi sono attualmente a una distanza siderale dai $ 100 il barile del 2014. I verbali dell’ultima riunione della Federal Reserve indicano che il mancato aumento dei tassi nel mese di aprile ha anche indebolito la valuta statunitense, aumentando l’interesse nei confronti del petrolio, denominato in dollari, da parte di coloro che possiedono euro o altre valute.
Dopo essere sceso ai minimi in un mese ieri, il mercato del petrolio si è mosso in rialzo guadagnando due dollari il barile in seguito alla diffusione dei dati dell’agenzia di informazione sull’energia, che in riferimento alla scorsa settimana segnalano una contrazione delle riserve di 4,9 milioni di barili, in conseguenza a un calo delle importazioni e a un ulteriore aumento nell’attività della raffinerie.