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I dollari di Australia e Nuova Zelanda reagiscono ai numeri commerciali e all’inflazione della Cina

Da
Barry Norman
Pubblicato: Nov 10, 2014, 21:10 GMT+00:00

La scorsa settimana si è rivelata particolarmente interessante dopo l’annuncio targato Banca del Giappone giunto un po’ a sorpresa l’ultimo giorno di

I dollari di Australia e Nuova Zelanda reagiscono ai numeri commerciali e all’inflazione della Cina

La scorsa settimana si è rivelata particolarmente interessante dopo l’annuncio targato Banca del Giappone giunto un po’ a sorpresa l’ultimo giorno di ottobre e la reazione dei mercati al programma di stimolo delle autorità nipponiche dei primi giorni di novembre. Anche Wall Street ha toccato nuovi massimi, con la fiducia dei mercati spinta verso l’alto dalla vittoria dei repubblicani alle elezioni di Midterm negli Stati Uniti, fatto che ha indotto diversi investitori a ritenere che l’attività legislativa del Congresso riuscirà a dipanarsi con meno intoppi. Venerdì scorso le buste paga non-agricole Usa hanno invece stampato una crescita di 214mila unità mentre il tasso di disoccupazione calava al 5,8%. La produttività del lavoro e le vendite di autovetture sono entrambe migliorate, anche se le esportazioni e gli ordinativi alle industrie si sono ridotti. A fronte delle persistenti difficoltà economiche dei paesi della zona euro, il presidente Bce Mario Draghi – famoso per le sue dichiarazioni nette e decise – si è impegnato ad adottare nuove misure di stimolo per sostenere la crescita e far ripartire l’inflazione. Ha affermato che, se necessario, la Bce è pronta a iniettare qualcosa come un trilione di dollari nell’economia di Eurolandia. La lettura flash dell’indice PMI dell’Eurozona è lievitata a 52,1 laddove l’indice PMI manifatturiero al 50,6 dal 50,3 di settembre. L’euro si è intanto deprezzato contro il dollaro Usa scendendo al di sotto della soglia a 1,24. La banconota verde è protagonista di un rally a fronte di segnali abbastanza netti di un miglioramento della congiuntura economica che hanno portato l’indice del dollaro a toccare il massimo degli ultimi 4 anni e mezzo a 88,17. Oro e greggio hanno infine invertito i loro trend negativi per ritornare a crescere. Il prezioso è scambiato a 1172,50, in rialzo di 2,70 dollari Usa nel corso della sessione asiatica.

La settimana entrante avrà i riflettori puntati sulla bilancia commerciale e l’andamento dell’inflazione cinesi. Secondo l’agenzia di stampa ufficiale Shangai Securities News, le esportazioni cinesi, che a ottobre hanno segnato un surplus particolarmente consistente, sono state oggetto di una serie di manipolazioni e speculazioni finanziarie da parte di alcune imprese e società locali che hanno gonfiato i propri bilanci per evitare i controlli di capitale da parte delle autorità di Pechino. Sabato scorso, il governo cinese ha rivelato che su base annua le esportazioni sono cresciute del +11,6% nel corso del mese di ottobre e dunque rallentando rispetto al balzo in avanti del +15,3% di settembre, pur stampandosi lievemente al di sopra delle aspettative. Il tasso d’inflazione è invece rimasto invariato stando alle statistiche rivelate stamattina, nonostante i segnali di un rallentamento della crescita economica. L’Ufficio Nazionale di Statistica ha affermato che a ottobre l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto del +1,6%, bissando l’incremento di settembre. I prezzi alla produzione sono invece caduti del -2,2%, estendendo il movimento al ribasso già registrato nel mese precedente. La crescita dell’inflazione è stata inferiore alle attese del governo, che puntava a un +3,5%. Recentemente la Cina ha dovuto fare i conti con un rallentamento dell’attività manifatturiere e con una contrazione del commercio, al punto che si ritiene Pechino ormai pronta a intervenire per supportare la crescita economica.

La buona performance della bilancia commerciale e il deprezzamento del dollaro Usa hanno aiutato la divisa australiana a rialzarsi sino a quota 0,8672 mentre il Kiwi guadagnava 36 punti sino a 0,7790. Lo yen giapponese viaggia anch’esso al rialzo, beneficando della decisione degli investitori di fare incetta della divisa nipponica. Stamattina lo JPY è scambiato a 114,71 mentre il dollaro Usa cedeva 20 punti sino a 87,46.

 

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