Il petrolio greggio, dopo la batosta di venerdì provocata dal rally del dollaro USA, recupera qualcosa nel corso della sessione asiatica. Il WTI conclude
Il petrolio greggio, dopo la batosta di venerdì provocata dal rally del dollaro USA, recupera qualcosa nel corso della sessione asiatica. Il WTI conclude la settimana a 59,70, per raggiungere quota 59,86$ nel corso della sessione di lunedì mattina. Il Brent continua a cedere terreno attestandosi a 65,44, in ribasso di 12 centesimi, apparentemente incapace di raggiungere la soglia dei 66$. Se nel corso delle settimane passate il prezzo del barile è salito con una certa continuità, ciò è avvenuto per delle buone ragioni. Il conteggio delle piattaforme petrolifere ha registrato un calo di circa 1000 unità, per un una flessione del 60% rispetto ai massimi raggiunti nell’ottobre 2015. La spesa per gli investimenti in alcuni dei più grandi progetti del mondo è stata tagliata per un valore complessivo di 129 miliardi di dollari, una cifra che potrebbe gonfiarsi ancora fino a raggiungere nel 2016 i 100 miliardi di dollari. Il calo delle trivellazioni sta finalmente provocando una leggera flessione della produzione. La Goldman Sachs tende a minimizzare l’importanza di questi segnali, sostenendo che non solo il rally del petrolio sarebbe in una certa misura prematuro, ma che il rally stesso alla fine rischia di essere “controproducente”; potrebbe infatti favorire la ripresa delle trivellazioni, ma questo porterebbe soltanto un’inversione di prezzo: maggiori trivellazioni e un aumento di produzione aggraverebbero il problema irrisolto dell’eccesso di offerta, e i prezzi potrebbero scendere ancora.
In vista della riunione del 5 giugno a Vienna probabilmente torneremo ad ascoltare accorati appelli per la riduzione della produzione di petrolio, ma le autorità dei paesi favorevoli sanno che si tratta di un’eventualità improbabile. Domenica il ministro del petrolio iraniano Bijan Zangeneh ha sostenuto che alla riunione di giugno difficilmente l’Opec varierà il tetto alla produzione.
“Per arrivare a un calo della produzione dei paesi dell’Opec è richiesto il consenso di tutti i membri, eventualità che alle condizioni attuali sembra improbabile” pare abbia detto Zangeneh. Il mese scorso lo stesso Zangeneh aveva dichiarato che il gruppo dei paesi produttori avrebbe dovuto tagliare la produzione giornaliera di petrolio almeno del 5%, o approssimativamente di 1,5 milioni di barili al giorno.
Negli Stati Uniti, il picco di consumo legato alle vacanze estive è ufficialmente cominciato con il lunedì della Giornata della Memoria; l’Associazione Americana degli Automobilisti prevede che, nel corso del fine settimana, il traffico raggiungerà i livelli massimi degli ultimi 10 anni, favorendo un forte consumo di carburante nei prossimi tre giorni. Nel corso della scorsa sessione, i prezzi della benzina sono scesi a 2,0498, in ribasso di 31 punti.
Domenica, in Libia, uno dei più importanti paesi esportatori di petrolio, dei caccia bombardieri del governo ufficiale hanno attaccato una petroliera fuori dalla città di Sirte, provocando il ferimento di tre persone e l’incendio della nave. Si tratta della terza offensiva aerea contro delle petroliere confermata dal governo riconosciuto a livello internazionale, parte di un conflitto fra amministrazione e parlamentari che da quattro anni, in seguito alla deposizione di Gheddafi, si fronteggiano alleandosi a delle fazioni armate che combattono per il controllo del paese.