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Forse, per Atene, è giunto il momento di camminare da sola

Da
Barry Norman
Aggiornato: Jun 15, 2015, 12:29 GMT+00:00

Mese dopo mese, settimana dopo settimana e giorno dopo giorno, la condizione finanziaria della Grecia continua a peggiorare e sembra ormai davvero

Forse, per Atene, è giunto il momento di camminare da sola

Forse, per Atene, è giunto il momento di camminare da sola
Mese dopo mese, settimana dopo settimana e giorno dopo giorno, la condizione finanziaria della Grecia continua a peggiorare e sembra ormai davvero impossibile risollevarla. Nel 2012, gli analisti erano convinti di quel che sono tornati a pensare anche oggi: ovvero che il default di Atene e la sua uscita dall’Eurozona fossero le cose migliori da fare. Molti, in realtà, ritengono un simile scenario la soluzione peggiore dal momento che avrà effetti di lungo periodo su Eurolandia e sull’euro. È un po’ come se uno degli Stati che compongono la Federazione americana abbandonasse l’Unione; d’altro canto, epiloghi del genere si sono già verificati all’interno del Reno Unito, a riprova del fatto che il default può essere tenuto sotto controllo. La cosa migliore per i greci è che gestiscano da soli i propri problemi interni dal momento che non possono e non vogliono collaborare con i loro creditori. Difatti, il nuovo governo ellenico non ha fatto altro che alienarsi il favore dei creditori, attaccando frontalmente i leader europei e attribuendo tutta la responsabilità del fallimento dei negoziati a Eurozona e Fmi: per questo motivo, sarebbe meglio se la Grecia uscisse dal blocco monetario poiché l’impressione è che il governo di Atene sia convinto di avere la soluzione. Il punto è che dovrà realizzare rapidamente che i problemi rimarranno in Grecia e non svaniranno con l’uscita di scena dei creditori internazionali.

È un po’ come lamentarsi con la banca per non aver ricevuto un finanziamento quando è chiaro che non si è in grado di ripagarlo a causa della propria incapacità di fare risparmi o di gestire correttamente il proprio bilancio. Quando l’istituto di credito ti offre un ramoscello d’ulivo (sotto forma di linea di credito d’emergenza) lo accetti ben volentieri, salvo iniziare a lamentarsi contro la banca stessa (e non contro sé stessi) nel momento in cui diventa difficile onorare il debito poiché non si è stati in grado di tenere a freno le spese o di trovare un nuovo impiego. In pratica è esattamente quel che è successo alla Grecia.

La colpa, la responsabilità e soprattutto i soldi sono sempre degli altri. È come se le autorità greche non volessero capire che questi fondi di salvataggio non sono altro che il frutto delle imposte riscosse presso i contribuenti di tutta l’Eurozona. Invece che mostrarsi grati, mostrano tutto il loro sdegno.

Quando un rapporto si rompe e i negoziati raggiungono un vicolo cieco, arriva quel punto di non ritorno in cui creditori e debitori non devono far altro che salutarsi: bene, qualcuno deve compiere per primo quel passo. In altre parole, deve premere il grilletto. La domanda è: chi lo farà prima? Merkel o Tsipras? A oggi il Fmi è stato l’unico capace di prendere il coraggio a due mani e alzarsi dal tavolo.

L’idea che la Grecia finirà per mancare anche la scadenza del pagamento al Fmi del 30 giugno non è più un tabù; è stata ventilata per la prima volta durante l’incontro annuale dei vertici di Eurolandia della scorsa settimana tenutosi a Bratislava. Anche se tecnicamente non sarà un default ufficiale, il mancato pagamento scatenerà il panico sui mercati internazionali attorno a tutto ciò che riguarda la Grecia, ivi compreso l’abbandono in massa dai già traballanti istituti di credito ellenici (se l’ennesimo fallimento negoziale di quest’ultimo fine settimana non l’avrà già fatto). E una volta che il sangue sarò iniziato a scorrere, le misure d’emergenza potrebbero imporre il reintegro del controllo sui flussi di capitale, la chiusura degli istituti di credito e l’emissione di nuovo debito da parte del governo per finanziare il settore pubblico nel tentativo di salvare ogni euro rimasto per ripagare più debiti.

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