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Dopo la decisione a sorpresa della PBOC, i trader rimarranno fermi in attesa della riunione Bce

Da
Barry Norman
Pubblicato: Nov 24, 2014, 18:40 GMT+00:00

Dopo la decisione presa a sorpresa la scorsa settimana dalle autorità monetarie cinesi, i trader mettono nel mirino la prossima riunione Bce mentre

Dopo la decisione a sorpresa della PBOC, i trader rimarranno fermi in attesa della riunione Bce

Dopo la decisione presa a sorpresa la scorsa settimana dalle autorità monetarie cinesi, i trader mettono nel mirino la prossima riunione Bce mentre aumentano le probabilità che il presidente Draghi annuncerà un programma di stimoli monetari da record per riportare il bilancio dell’istituto oltre il trilione di euro. Il taglio del tasso di riferimento cinese e le notizie riguardanti la Bce hanno risollevato i mercati globali: la People’s Bank of China ha difatti tagliato il suo tasso di riferimento a un anno portandolo al 2,75% dal 3% nel tentativo di rimettere in moto la propria economia; frattanto, il presidente Bce Draghi ha affermato che avrebbe “aumentato la pressione” per stimolare l’economia in panne dell’Eurozona. A mezz’ora di distanza dall’apertura, il Dow Jones è cresciuto di quasi l’1% per toccare un nuovo record a 17.866; l’euro è invece caduto a 1,2392 mentre il dollaro lievitava a 88,36.

Era da oltre due anni che la banca centrale cinese non tagliava i tassi d’interesse, segnale piuttosto evidente della volontà governativa di incrementare gli aiuti a un’economia che appare rallentare. In pratica, le autorità del gigante asiatico hanno fatto quanto avevamo invocato noi stessi quando ci siamo trovati a esaminare le opzioni di politica monetaria per la Cina. In realtà non possiamo definirci profetici: non ci aspettavamo che la banca centrale si sarebbe mossa tanto rapidamente. Né lo avevano immaginato la maggior parte degli analisti e investitori, cosa che spiega i guadagni netti realizzati in pochissimo tempo da azioni, materie prime e valute sensibili all’andamento della domanda aggregata cinese.

La tentazione è quella di guardare al taglio del tasso attraverso le lenti del Pil: tassi inferiori significano infatti che la Cina sta orientandosi verso un modello di crescita più sostenibile, o quantomeno è questo quanto si potrebbe concludere. Benché in questo assunto ci sia sicuramente un fondo di verità, non bisogna dimenticare di considerare due aspetti che rendono la decisione più complessa e dunque più interessante. Giovedì i dati economici hanno evidenziato che l’output delle industrie cinesi si è contratto per la prima volta nell’ultimo semestre, mentre nell’ultimo trimestre la crescita economica rallentava al minimo degli ultimi 5 anni (+7,3%).

Sempre venerdì il presidente Bce Draghi, parlando a Francoforte, ha lasciato intendere di essere più che determinato a impiegare strumenti quali l’acquisto su larga scala di asset per evitare all’Eurozona un’altra crisi economica. Ha infatti detto: “Faremo quel che sarà necessario per riportare in alto sia l’inflazione sia le sue aspettative il prima possibile”. Lo scorso mese l’inflazione nella zona euro ha segnato il +0,4%, ben al di sotto del target Bce (2%). Se tutti questi sforzi non dovessero funzionare, Draghi ha detto che la Bce potrebbe “aumentare il novero dei canali attraverso cui è solita intervenire”. Per molti osservatori si tratta di un chiaro indizio del fatto che l’istituto è pronto ad acquistare titoli di Stato.

In Asia continua a deprezzarsi lo yen giapponese dopo aver toccata un nuovo minimo contro il dollaro Usa giovedì scorso. Lo yen ha chiuso la settimana a 117,85. Il ministro delle Finanze Aso ha detto che il deprezzamento dello yen è stato troppo repentino e deciso: non a caso, le quotazioni della divisa si sono risollevate subito dopo le sue parole. In apertura di settimana erano uscite le notizie della nuova recessione dell’economia giapponese e della decisione di indire nuove elezioni da parte del primo ministro Abe subito dopo aver rimandato di 18 mesi il previsto secondo rialzo dell’iva.

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