Dopo la decisione presa a sorpresa la scorsa settimana dalle autorità monetarie cinesi, i trader mettono nel mirino la prossima riunione Bce mentre
Era da oltre due anni che la banca centrale cinese non tagliava i tassi d’interesse, segnale piuttosto evidente della volontà governativa di incrementare gli aiuti a un’economia che appare rallentare. In pratica, le autorità del gigante asiatico hanno fatto quanto avevamo invocato noi stessi quando ci siamo trovati a esaminare le opzioni di politica monetaria per la Cina. In realtà non possiamo definirci profetici: non ci aspettavamo che la banca centrale si sarebbe mossa tanto rapidamente. Né lo avevano immaginato la maggior parte degli analisti e investitori, cosa che spiega i guadagni netti realizzati in pochissimo tempo da azioni, materie prime e valute sensibili all’andamento della domanda aggregata cinese.
La tentazione è quella di guardare al taglio del tasso attraverso le lenti del Pil: tassi inferiori significano infatti che la Cina sta orientandosi verso un modello di crescita più sostenibile, o quantomeno è questo quanto si potrebbe concludere. Benché in questo assunto ci sia sicuramente un fondo di verità, non bisogna dimenticare di considerare due aspetti che rendono la decisione più complessa e dunque più interessante. Giovedì i dati economici hanno evidenziato che l’output delle industrie cinesi si è contratto per la prima volta nell’ultimo semestre, mentre nell’ultimo trimestre la crescita economica rallentava al minimo degli ultimi 5 anni (+7,3%).
Sempre venerdì il presidente Bce Draghi, parlando a Francoforte, ha lasciato intendere di essere più che determinato a impiegare strumenti quali l’acquisto su larga scala di asset per evitare all’Eurozona un’altra crisi economica. Ha infatti detto: “Faremo quel che sarà necessario per riportare in alto sia l’inflazione sia le sue aspettative il prima possibile”. Lo scorso mese l’inflazione nella zona euro ha segnato il +0,4%, ben al di sotto del target Bce (2%). Se tutti questi sforzi non dovessero funzionare, Draghi ha detto che la Bce potrebbe “aumentare il novero dei canali attraverso cui è solita intervenire”. Per molti osservatori si tratta di un chiaro indizio del fatto che l’istituto è pronto ad acquistare titoli di Stato.
In Asia continua a deprezzarsi lo yen giapponese dopo aver toccata un nuovo minimo contro il dollaro Usa giovedì scorso. Lo yen ha chiuso la settimana a 117,85. Il ministro delle Finanze Aso ha detto che il deprezzamento dello yen è stato troppo repentino e deciso: non a caso, le quotazioni della divisa si sono risollevate subito dopo le sue parole. In apertura di settimana erano uscite le notizie della nuova recessione dell’economia giapponese e della decisione di indire nuove elezioni da parte del primo ministro Abe subito dopo aver rimandato di 18 mesi il previsto secondo rialzo dell’iva.