Il dollaro Usa ha recuperato terreno nella tarda sessione di ieri, mantenendosi in positive anche stamattina con i trader asiatici che si liberano di
Stamattina l’euro non arresta la sua caduta, dovendo cedere 22 punti sino a 1,2635. Nel corso dell’ultima settimana, la debolezza delle economie dell’Eurozona, il rallentamento della crescita cinese e le crisi in Medio Oriente hanno portato i mercati azionari globali a perdere qualcosa come 3,5 trilioni di dollari dopo i record di settembre. In apertura di sessione tutti gli indici europei aprono con segno negativo: i timori per la stagnazione economica globale hanno infatti innescato un’ondata di vendite che prosegue dalla scorsa settimana, con gli investitori sempre più riluttanti a comprare asset rischiosi a fronte di dati economici che per l’immediato non sembrano lasciar presagire alcun miglioramento di situazione. L’indagine ZEW, seguita mai come in questa occasione, ha certificato che a ottobre in Germania la fiducia di investitori e analisti è crollata al di sotto dello zero per la prima volta negli ultimi due anni. Come se non bastasse, nella giornata di ieri il governo tedesco ha tagliato le proprie previsioni di crescita, la produzione industriale dell’Eurozona crollava, l’inflazione britannica rallentava bruscamente nel mese di settembre e l’agenzia Fitch affermava che avrebbe potuto tagliare il rating della Francia.
La sterlina britannica non ha mancato di patire le conseguenze delle difficoltà economie globali così come dei pessimi dati sull’inflazione, cedendo 12 punti per essere scambiata a 1,5891, uno dei risultati peggiori delle ultime settimane. Secondo l’Ufficio nazionale di statistica britannico, a settembre il tasso di crescita dell’inflazione ha perso 1,2 punti dal +1,5% registrato ad agosto: si tratta della performance peggiore dal settembre 2009. La sterlina è così precipitata al minimo dell’ultimo mese contro l’euro, preparandosi a replicare la performance anche nei confronti del dollaro per quel che sarebbe il peggior dato dallo scorso novembre, mentre le aspettative per un prossimo rialzo dei tassi d’interesse britannici finiscono relegate ben addentro al 2015.
Stamattina l’Aussie e il Kiwi muovono entrambi al ribasso contro il dollaro Usa, scontando in parte la debolezza della crescita inflazionistica cinese, finita sotto alle attese. Il dollaro australiano viaggia a 0,7826, mentre lo yen nipponico cade sino a 107,10. Le ultime critiche alle difficoltà economiche del Giappone fanno pensare che la Banca del Giappone avrà il suo bel da fare per raggiungere il target inflattivo al +2%. Con ogni probabilità l’istituto dovrà rivedere al ribasso le sue prospettive di crescita per l’anno fiscale corrente (che si concluderà a marzo 2015) se intende mantenere inalterate le proiezioni di crescita dell’inflazione. La BoJ intende infatti dichiarare vittoria nella sua lotta contro la deflazione entro la fine dell’anno, quando i prezzi al consumo torneranno a crescere e l’economia dovrebbe dare segno di essersi lasciata alle spalle gli ultimi impacci.