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Dollaro forte, dollaro debole: due facce della stessa medaglia

Da
Barry Norman
Pubblicato: Mar 24, 2015, 17:16 GMT+00:00

La scorsa settimana, parlando in pubblico, il segretario al Tesoro statunitense Jack Lew è tornato su una costante della politica monetaria Usa, ribadendo

Dollaro forte, dollaro debole: due facce della stessa medaglia

Dollaro forte, dollaro debole: due facce della stessa medaglia
La scorsa settimana, parlando in pubblico, il segretario al Tesoro statunitense Jack Lew è tornato su una costante della politica monetaria Usa, ribadendo che l’apprezzamento del dollaro è un fattore positivo per gli Stati Uniti – parole poi riprese dal presidente Fed Yellen nel momento in cui ha sottolineato come la forza della valuta rifletta la forza dell’intera economia nazionale. Nell’ultima settimana, il dollaro Usa era cresciuto fino a essere negoziato oltre quota 100,30 in vista della decisione di politica monetaria del Fomc e della successiva conferenza stampa; da quel momento, si è deprezzato lentamente a tutto vantaggio delle divise legate al prezzo delle materie prime che si sono lanciate in una vera e propria corsa sulle montagne russe. L’indice del dollaro è scambiato a 97,54 nel corso della sessione asiatica, dopo che ieri era caduto a quota 97,20.

In chiusura di sessione di ieri il Dow Jones ha ceduto 12 punti (-0,1%) portandosi a 18.116; lo S&P 500 ne ha persi invece 4 (-0,2%), scivolando a 2.104. Entrambi gli indici distano circa l’1% dai record realizzati a inizio mese. Il NASDAQ ha invece alternato guadagni e perdite, prima di chiudere la sessione in ribasso di 15 punti (-0.3%) a quota 5.011.

Questa settimana, le fluttuazioni sui mercati delle valute finiranno per concentrare gli scambi verso i mercati azionari. Il forte apprezzamento realizzato su base annua da parte del dollaro Usa ha calmierato le aspettative di profitto delle grandi aziende statunitensi e compresso la crescita dei mercati azionari, anche se le perdite dell’ultima settimana hanno ridato ossigeno agli indici azionari.

Ieri l’euro ha guadagnato il +1% contro il dollaro Usa portandosi a 1,0930; stamattina è invece tornato a flettere, scivolando a quota 1,0909. Gli analisti ritengono che i profitti aziendali delle società quotate nello S&P 500 si ridurranno di circa il -5% nel corso del primo trimestre 2015 (rilevazione su base annua): nell’arco di poche settimane, sapremo se hanno avuto ragione. A dicembre, le aspettative di profitto erano del +3,8%.

Ieri il calendario economico è stato relativamente scarno, eccezion fatta per le vendite di abitazioni esistenti negli Stati Uniti che a febbraio sono cresciute del +1,2% contro una previsione degli economisti intervistati dal Wall Street Journal del +1,7%. Stamattina i dati economici di fresca pubblicazione hanno inciso negativamente sulle transazioni nei mercati valutari asiatici, con Aussie e Kiwi entrambi in perdita dopo che l’indice PMI cinese curato da Hsbc si è stampato al di sotto delle aspettative: l’indice ha infatti evidenziato che l’attività manifatturiera cinese è in contrazione. L’Aussie è scambiato a 0,7847 e il Kiwi a 0,7633. Le due divise viaggiano entrambe all’interno dei loro range di trading abituali. In Giappone, lo yen sta subendo le ripercussioni del dato sul manifatturiero nipponico: il settore viaggia ancora in espansione (pur attestandosi appena al di sopra della soglia che separa l’espansione dalla contrazione dell’attività), benché abbia realizzato una performance inferiore alle aspettative. Il cross USD/JPY viaggia a 119,76.

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