Il mercato asiatico apre contrastato, con il ribasso di Hang Seng (-0,91%) e CSI 300 (-0,87%) e il rialzo del Nikkei 225 (+0,37%). Gli indici cinesi
Quello che è stato annunciato come lo stress test più rigoroso di sempre puntava a mettere a nudo tutte le debolezze delle banche europee. I risultati ne hanno evidenziato limiti e punti di forza: 24 istituti di credito hanno fallito il test, evidenziando un deficit di capitale pari a 24,6 miliardi di euro (31,2 miliardi di dollari). La divisa comune è cresciuta contro quasi tutte le sue controparti valutarie dopo che l’esito dello stress test Bce ha comunque evidenziato che la stragrande maggioranza degli istituti di credito europei possiede capitale a sufficienza. L’euro si è così mosso in rialzo di 35 punti attestandosi a 1,2704, mentre i partiti filo-europei vengono dati a un passo dal trionfo alle elezioni parlamentari in Ucraina e dunque in grado di mettere in piedi una coalizione di governo che si opponga alle formazioni politiche filo-russe (maggioritarie nelle regioni orientali del paese, sconvolte dalla guerra civile).
Stamattina gli indici europei sono i protagonisti di un rimbalzo dopo che la scorsa settimana avevano patito le perdite peggiori del 2014; a loro beneficio, i risultati incoraggianti di Asos e GlaxoSmithKline Plc e l’inaspettata espansione del manifatturiero europeo che potrebbe rimettere in moto la crescita economica dell’Eurozona.
Il dollaro Usa cede 19 punti stamattina fino a 85,90 dopo il forte rally della scorsa settimana innescato dalle voci che vogliono la Fed in procinto di rialzare i tassi in un frangente in cui Eurozona e Giappone li manterranno inalterati oppure incrementeranno i propri programmi di acquisto-titoli al fine di iniettare nuova liquidità nelle proprie economie. Secondo i contratti sui future entro il gennaio 2016 la Fed avrà ritoccato verso l’alto il tasso d’interesse. Ad ogni modo, sentimenti di mercato rialzisti (tali da portare a un calo della domanda per le valute dal basso rendimento), nonché le dichiarazioni dei membri Fomc secondo cui la Fed dovrebbe prorogare il proprio programma di acquisto-asset, hanno impedito al dollaro Usa di conseguire maggiori guadagni. Venerdì scorso la divisa a stelle e strisce ha toccato un massimo settimanale a 86,05 prima di chiudere a 85,82.
La sterlina britannica ha invece ceduto circa lo 0,5%, chiudendo le transazioni al negativo per via della forza espressa dal dollaro Usa. Sentimenti di mercato rialzisti e dati economici contrastati hanno comunque evitato alla divisa britannica di incappare in perdite peggiori. La valuta ha toccato un minimo settimanale a 1,5993 prima di chiudere gli scambi del venerdì a 1,6088. La lettura preliminare del Pil del Regno Unito ha fatto segnare un +0,7% nel terzo trimestre, dopo il +0,9% del secondo. L’indice di attività del terziario è invece cresciuto del +0,8% dopo il +1% del secondo trimestre 2014. Stamattina la sterlina britannica muove al rialzo, scambiata a 1,6105 grazie alle difficoltà del dollaro Usa.
L’oro apre piatto le transazioni del mattino, con i trader più propensi a fare affari sul mercato valutario dopo l’esito degli stress test Bce. Anche il greggio apre piatto, mentre il Brent cede altri 34 centesimi di dollaro sino a 85,90; il WTI si attesta infine a 81,01.